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Ci sono amarezza, delusione, rabbia a malapena trattenuta nelle parole di Nicola Dutto. Una preparazione lunghissima, un investimento importante («Devo iscrivere quattro piloti, perché qui non ti regalano niente» dice riferendosi ai tre Ghost Riders che lo hanno supportato fino ad oggi) e lo spirito giusto, di rispetto e umiltà, per quella che lui stesso definisce la gara più difficile del mondo.
Tutto questo per poi trovarsi, una volta sorpresi gli organizzatori («Abbiamo rotto gli schemi: secondo me si aspettavano che finissi si e no una tappa, fra mille difficoltà, e tornassi a casa di mia spontanea volontà...».) nel bel mezzo di un colossale fraintendimento, un banale misunderstanding fra il Direttore Gara e il suo personale - tanto per ribadire quanta confusione ci sia in questa Dakar, quanto sia lasciato alla libera interpretazione delle regole.
«E' difficile da accettare. A chi diamo fastidio? Tanto saremmo arrivati ultimi, il direttore gara avrebbe potuto darmi una megapenalizzazione, l'avrei accettata senza fiatare. Tornare l'anno prossimo? Non ci penso neanche. Ma credo che sia la Dakar a perderci: è vero che l'Italia è un paese piccolo, ma se i TG e la stampa hanno parlato della gara in spazi e orari in cui normalmente veniva ignorata è stato proprio per la mia avventura. Fra un anno nessuno si ricorderà di chi ha vinto questa edizione, che avrebbe potuto essere memorabile» Come dargli torto?
Dakar 2019 presentata da Bardahl
Foto: Francesca Gasperi