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Riyadh, Arabia Saudita, 11 Gennaio 2020. Il giorno di riposo. Si fa per dire, lo sappiamo. C’è una differenza lieve, rispetto ad altre Dakar. Il 77 per cento dei concorrenti alla partenza da Jeddah è al bivacco… cittadino di Riyadh, e del 21 per cento di “abbandoni” una quarantina ha scelto di proseguire nella atipica, per il più impietoso dei Rally, formula Dakar Challenge. La “scrematura” è stata sostanziosa ma “umana”, e la Gara sembra aver consumato più cervello che meccanica. Ritrovarsi, come ai “vecchi” tempi, da soli e al freddo ha ridestato le antiche apprensioni delle Dakar africane, e senz’altro spostato il baricentro dello spirito della Corsa verso gli riferimenti delle origini. Nuove regole, gestione del road book e equilibrio di difficoltà nelle sei Tappa sin qui disputate hanno aiutato a tenere compatta la carovana. D’altra parte, a parte certi prototipi dalle ambizioni troppo avanti, i mezzi in corsa sono davvero più affidabili, con uno spostamento anche di questo standard che è fondamentale.
L’Arabia Saudita è piaciuta. Non per il freddo, certo, ma principalmente per i suoi paesaggi e le sue piste (ma i concorrenti non hanno ancora visto il “meglio”). La popolazione sembra non troppo interessata all’Evento ma il popolo della Dakar ha trovato, anzi, molto interessante il nuovo obiettivo dell’esplorazione. Deserto stupendo, città moderne e antiche, a scelta in una traiettoria culturale ancora tutta da scoprire, facilities e una certa atmosfera, innegabile. L’Arabia Saudita, inizialmente imposta senza alcun referendum popolare, sembra vincere la scommessa degli Organizzatori.
A spasso per il bivacco cittadino di Riyadh durante la giornata di pausa al bivacco da… Formula 1, in collaborazione con FF#119, Concorrente noto, “privatone” alla sfida.
FF#119. Riyadh. Città moderna, ricca, accogliente. Si parla inglese, grattacieli e tutte le comodità. Jeddah è più “attaccata” alla Storia, alla Medina, qui si respira l’aria della Metropoli. Anche la mentalità sembra diversa. Passo avanti? Non saprei… toh, ecco Alberto Bertoldi. Che differenza eh?
Alberto Bertoldi. Secondo la mia esperienza, sì, la differenza tra America del Sud e Arabia Saudita c’è, eccome. Facile il riscontro tra gli ambienti, parliamo della Gara. Qui sembra, al momento, molto più varia e omogenea. Più scorrevole, non ti buttano un campo di 200 chilometri di sassi o di herbe à chameaux. I paesaggi sono molto belli, ma è ovvio che se pensiamo al Perù viene alla mente un grande fascino. Ogni Paese, tuttavia, ha il suo. Mi pare che l’Organizzazione abbia fatto un passo avanti, e noto con piace che c’è molto più rispetto per i concorrenti, parlo soprattutto di noi privati. Si saranno resi conto che la Dakar non la fai con 20 ufficiali ma con 200 privatoni come me!
FF#119. La versione di Gerini viene con voce un po’ roca. L’ideale per una sintesi. Sonno o fatica?
Maurizio Gerini. La mia situazione alla fine della prima settimana di Gara. OK, ecco quello che penso. Rispetto al Sud America la grande differenza la fa la mancanza di pubblico, di calore attorno a noi. All’abbassarsi della bandiera del via, poco cambia. È sempre la Dakar. Molto chilometri, molta incertezza, molta fatica e attenzione, il deserto, partire con il buio e rischiare di arrivare tardi… o di non arrivare. Cambia l’area geografia, forse un po’ il terreno, ma la “sostanza” non cambia. Organizzazione impeccabile. Rispetto al Sud America, se proprio vogliamo trovare una differenza, ho trovato una sabbia più “confortevole”, almeno finora. Non le dune pazzesche del Perù o il caldo incredibile dell’Argentina, per esempio, il fesh-fesh. Le “condizioni di vita” sono più piacevoli. Tutto sta cambiando, tuttavia, plateau, manetta, divertente. Stiamo a vedere cosa succede più a Sud. Per quanto riguarda la mia gara sono soddisfatto. Partenza tranquilla, vediamo se le condizioni ci permetteranno di aumentare un po’ il ritmo.
FF#119. E sentiamo uno dei nostri “big”, Jacopo Cerutti…
Jacopo Cerutti. Ti dico, per adesso questa gara mi piace molto. Le speciali sono mediamente molto veloci, ma il terreno non è “devastato”, rotto come poteva essere più spesso in Sud America. Si vede che qui piove… mai. Speciali e tappe belle dal punto di vista dei paesaggi. Una Dakar che mi ha stupito in positivo, aspettiamo a veder cosa succede più avanti.
FF#119. Avanti un altro…
Alessandro Barbero. Ciao. La Gara mi sta piacendo. Terreni simili a quelli dell’Africa, navigazione esattamente come laggiù. Mi trovo bene e mi sta andando tutto bene. Speriamo di continuare così.
FF#119. Cesare Zacchetti…
Cesare Zacchetti. Impressioni ottime. Prima settimana super divertente. Dura. Me l’aspettavo più facile visto che è la prima volta in Arabia. Con dieci ore di moto al giorno qualche rischio lo prendi sempre, moto o fisico sono sempre sotto scacco, ma finché è così direi che è una grande Dakar!
FF#119. Mirko Pavan…
Mirko Pavan. Beh, la Gara è abbastanza tosta. Soffro le temperature basse del mattino. Speciali varie, lento, guidato, dune. Patisco sul veloce perché la mia Beta è una derivazione dalla moto da Enduro. Non mi fido a forzare troppo. In compenso so mi fa divertire molto sule dune.
FF#119. Finale per Matteo Olivetto.
Matteo Olivetto. La mia Dakar sta andando bene. Tutto bene tranne ieri, si è allentata la torretta della strumentazione e si muoveva tutto. ho dovuto rallentare molto per non perdere tutto, e il risultato è che ho fatto due ore di deserto di notte per arrivare al bivacco di Riyadh. Per fortuna dopo il buio ti si “aprono” tutti i punti GPS ed è più facile procedere. Malle moto, tutto da soli, vuol dire fare tutto da soli ed essere, quindi, sempre molto indaffarati.
FF#119. È Fabio Fasola. Una Dakar impeccabile… fino a metà della settima speciale. Rotto il perno del forcellone, ritto il sogno.
© Immagini ASO/DPPI/Delfosse/Flamand/LeFloch/Vargiolu/Lopez – X-raid – KTM - Gas Gas - RedBull Content Pool - Francesca Gasperi