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Ha’Il, 5 Gennaio. Questa è più che altro una comunicazione di servizio. A causa delle piogge cambieranno gli schemi delle prossime sesta, settima e ottava Tappa. Prima un pensiero. Il maltempo qualche scherzo lo gioca sempre. A volte è una manna e le dune bagnate diventano tobbogan autostradali. Qualche volta, come in questo caso, lo scherzo è pesante. Non è la prima volta che piove in Arabia saudita per la Dakar, successe anche lo scorso e un anno addirittura i Piloti trovarono la neve. Quest’anno ha piovuto nel posto meno adatto, nella zona d’altitudine di Ha’Il dove la carovana si è fermata per tre giorni. Pioggia, freddo e disagio. Quando queste sono le condizioni, il disagio è grande ed è lì che si può notare chiaramente che c’è una bella differenza tra ricchi e poveri. Tra chi dorme al caldo del camper e ha il cuoco del Team che chiede cosa ti va stasera che fa un po’ freddino – magari un brodino caldo? - e chi dorme in tenda attorno al Camion delle Malle Moto e che si ritrova, quando alza la testa dal lavoro sulla sua moto, il piatto di pasta pieno d’acqua piovana. Tra chi decide di passare un’altra ora al caldo nella tenda del massaggiatore e chi saltella attorno al fuoco per riscaldarsi dopo che si è fatto sistemare il taglio sulla coscia con il nastro americano, dal meccanico amico. C’è da dire che la Dakar è sempre più “tirata”, compressa nei tempi e nelle cose da fare, e che … diventare ricchi e permettersi certi lussi una volta impensabili è quasi un obbligo.
I grandi spazi comuni, primo fra tutti il doppio campo da calcio telonato che è il “ristorante”, sono di grande aiuto e conforto per i poveri, ci si può passare molto tempo e allungare il tempo della cena all’infinito (e quest’anno ci hanno dormito i privatoni della Casse Motul), ma prima o poi tocca decidersi ad andare a infilarsi nel sacco a pelo, magari bagnato. Questi sono i motivi più banali per cui si dice “un freddo cane”. Il grande disagio, poi, arriva durante la gara, quando l’acquazzone gelido ti sorprende all’improvviso o reagisci in ritardo perché non ci puoi credere, e dopo una giornata a sudare e bestemmiare tra le dune ti toccano i 200 chilometri al buio più freddi e insopportabili della tua vita. Sono quegli attimi di delirio rabbioso nei quali giuri che piuttosto che tornare alla Dakar pianifichi un Raduno degli Elefanti in canottiera e infradito. Il bello è che una volta passata la depressione, meteo e morale, e tornato il sole caldo, tutti questi diventano la parte sfumata di un album di ricordi eroici, cose incredibili… da non credere.
Dunque torniamo alla comunicazione di servizio. Ha piovuto molto e il bivacco di Al Duwadimi è impraticabile, tipo Ha’Il la pima sera. Gli organizzatori hanno dunque deciso di modificare le tappe dalla sesta all’ottava nel modo seguente. Sesto giorno, la Speciale prevista, ma accorciata di un centinaio di chilometri, quindi 300 chilometri di trasferimento per raggiungere il bivacco di… Riyadh, quello della giornata di riposo. Settimo giorno, si parte da Riyadh e si fa la Speciale prevista per l’ottavo giorno di Gara, Al Duwadimi-Riyadh, quindi se il meteo lo consente ci si ferma a Al Duwadimi. Ottavo giorno, tutto da vedere e rivalutare sulla base delle evoluzioni meteo.
Alla comunicazione di servizio aggiungiamo una nota di sollievo. Non è ancora mezzanotte e tutti i Motociclisti sono all’ultimo bivacco di Ha’Il.
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