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17 Febbraio 2020. A un mese esatto dalla conclusione della 42ma Dakar, Honda celebra e ricorda. Celebra il suo vincitore, Ricky Brabec, e ricorda, con un video, che per interrompere l’incredibile serie di KTM, che durava dal 2001, ci sono voluti sette anni. Ben sette, lunghi anni. Non è una cosa troppo strana, d’altra parte, quando si parla di Dakar. Anche Volkswagen, che come si può immaginare a suo tempo scese in campo senza alcun limite “operativo”, ci mise un arco di tempo del tutto analogo prima che Giniel De Villiers rompesse la crosta della tradizione e portasse la Tuareg Rally sul primo gradino del podio argentino. Fatto sta che, inizialmente impostato sulla lunghezza d’onda dei “classici” tre anni, il programma Honda a un certo punto è diventato una faccenda quasi personale, cruciale per la storia della Marca giapponese.
Il video, intitolato “The Dakar Challenge (2013-2020)”, è pubblicato da HRC sulle pagine dl Monster Energy Honda Rally Team e ripercorre sinteticamente la parabola iniziata nel 2013 con il ritorno alla Dakar Perù-Argentina-Chile e conclusa, al momento, con la vittoria del 2020 alla Dakar Arabia Saudita. Come nel caso di Volkswagen, l’Avventura Honda inizia in un continente, l’America del Sud, e si conclude in un altro, l’Asia occidentale.
Quando Honda decise di tornare ufficialmente alla Dakar, dopo ben 23 anni e l’ultima vittoria del 1989 di Gilles Lalay, la figura operativa non era ancora così chiara e dichiarata. Sulla moto stava lavorando da un po’ di tempo (lo sapevamo in pochi) un bravo portoghese già Campione del Mondo, Helder Rodriguez, e il Team da impegnare nella sfida del secolo aveva ricevuto una grossa, fondamentale spinta da parte della rappresentanza sudamericana, argentina in particolare, della Marca nipponica. La formazione impegnata in quella prima “esposizione”, e interamente al traguardo, era composta da Rodriguez, dall’argentino Xavier Pizzolito e dall’americano Johnny Campbell, il Pilota che Mr. Franco portò per la prima volta alla Dakar, come premio per la vittoria al Nevada Rally, e che avrebbe, ai giorni nostri, rappresentato l’enzima fondamentale della vittoria di Brabec, prima volta di un americano in coabitazione con il contemporaneo successo di Casey Currie nella Gara degli SSV.
Vi lasciamo alla visione del micro-film e ne approfittiamo per tornare un momento sulle immagini di Ricky Brabec, tutto sommato non abbastanza riconosciuta e celebrata, quasi ci fosse un velo “sacrilego” nella vittoria che ha rotto un antico incanrtsimo. Il ventinovenne californiano super campione del National Hare & Hound, chiamato per la prima volta da Quinn Cody a parlare la difficile lingua del Rally, ha vinto arci-meritatamente la Dakar 2020, quasi “premiato” con gli interessi per la sofferenza impostagli dallo spietato Rally-Avventura nelle due edizioni precedenti. Già nel 2018, e soprattutto nel 2019, il giovane, caparbio Ricky aveva dimostrato ampiamente di poter gestire una corsa vittoriosa e “autonoma”, rimanendo tuttavia impigliato nelle maglie di quel destino crudele così assiduo alla Dakar. Partito con sette minuti di vantaggio, la sua moto rimase congelata in panne, motore fulminato, dopo appena 56 chilometri dell’ottava Tappa, terzultima della 100% Perù tra San Juan de Marcona e Pisco, la “brutta e cattiva” Super Ica. Inizialmente Brabec sembrò non riuscire a darsi pace. Tutti avevano visto quanto l’americano di Mira Loma fosse in grado di vincere, e Yamaha e KTM, che inseguivano quasi “annaspando” le tracce del californiano, sapevano benissimo che le loro chance potevano essere affidate soltanto a una “mano esterna”, e cattiva.
Il 2019, iniziato così male quel 15 gennaio, divenne per Ricky Brabec un anno in cui rimettere correttamente in fila e a posto non poche cose, soprattutto dentro quella testa devastata dal bruttissimo colpo morale. In una Squadra ancora Barreda-centrica, gli vennero in aiuto una grande forza di carattere e il supporto fondamentale, nessuno lo dice e tanto meno lo scrive, di due connazionali: Jimmy Lewis, che gli scrive degli speciali road book di istruzione e lo sottopone alle “torture” della sua Scuola, e Johnny Campbell, che resta, questa volta ancora più strettamente al suo fianco. È come una sfida nella sfida. Della Honda contro la Dakar, di Brabec contro le correnti avverse del destino.
Brabec, si sa per certo, ha ricevuto anche una solenne offerta da parte del Gruppo KTM per correre con una Husqvarna, il che la dice lunga su quanto siano attenti alla “materia” a Mattighofen, ma ha gentilmente declinato, questa volta io direi grazie anche all’influenza di Campbell, l’uomo icona dell’avventura offroad americana di Honda e delle 11, leggendarie vittorie alla Baja 1000.
Concentrato sulla missione del riscatto, Brabec ha cambiato molte cose. Il tipo di preparazione, gli allenamenti, il tempo passato sulla moto e in altre fasi della marcia di avvicinamento al grande Evento. Molte di queste varianti di percorso restano “segrete” e Ricky gioca sull’utilità di tenere sé la formula vincente del suo “recupero” e della preparazione.
Di Ricky Brabec abbiamo parlato spesso con Roberto Boasso, che del Team Honda è stato Meccanico e Manager. È “Il Rosso” che mi aveva detto per la prima volta di lui, così come era stato, a suo tempo, per Toby Price. Roby ci vedeva lungo. Roberto racconta che Honda cercava un pilota Americano, ovviamente il mercato USA è molto importante, e focalizza subito sull’importanza della presenza di Johnny Campbell costantemente al suo fianco, in Gara ma anche durante le varie sessioni di allenamento in California tra Barstow, dove Ricky vive, il deserto e Las Vegas... una rotta corsa ripetutamente in lungo e in largo. Roby conferma l’immagine che anche i suoi colleghi hanno di lui: quella di un ragazzo solare, gentile e tremendamente determinato e serio. È utile ricordare che Brabec si è sacrificato molto per correre da professionista e per raggiungere questo risultato, e ha vissuto un momento delicatissimo quando si sentiva in qualche modo ai margini della squadra la cui maggior parte delle attenzioni era rivolta verso Barreda e Benavides. Honda lo ha aiutato molto, e torna a galla l’episodio in cui Ricky fu a un passo dal firmare con Husquarna. Ricky era un ragazzo un po’ “grezzo”, semplice e candidamente onesto, ed è ancora il “Desert Man” di Barstow che non ha ancora trovato l’anima gemella della sua vita e che vive con due cani che adora… si parla immancabilmente del ruolo di Johnny Campbell, che Ricky ha sempre voluto al suo fianco, e di una altro aspetto “umano” non trascurabile della sua carriera: il Meccanico. Ricky ha sempre chiesto un meccanico di origine Americana - nel team si parlava sempre spagnolo e lui questo lo pativa – e quest'anno con lui c'era Kendall Norman. Norman è stato anche un fortissimo pilota nelle Baja California, nelle quali Ricky ha anche gareggiato, e vinto, e ha una bella filosofia nell’assistere i suoi Piloti. È quasi maniacale nella cura delle moto, ma molto attento alle parole e alle richieste del Pilota. Per esempio non lava mai la moto con il getto d’acqua, la pulisce con uno straccio umido, e controlla ogni bullone, vite o parte fino alla noia. Se qualcosa appena non lo convince, sostituisce.
Resta un interrogativo aperto, non perché necessariamente in discussione bensì perché le belle sensazioni della vittoria più importante della carriera appena conquistata merita la dolce fase della sedimentazione. Ricky Brabec aveva un contratto in scadenza quest’anno. Honda gli avrà senz’altro offerto le basi “aggiornate” della conferma “automatica”, ma sicuramente c’è chi non dorme da questa parte della Terra e, appena più a Nord-Est, sta già eventualmente già preparando le mosse anti-Brabec! Come andrà a finire?
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