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Dicono che la Dakar da privatio sia una cosa quasi impossibile. Ma non è vero… vero?
«Allora. Fino ad adesso non è stata difficilissima, un po’ per la fortuna-sfortuna della pioggia, un po’ perché in effetti le tappe non erano così impegnative. Diciamo che in base alla tipologia, sino ad ora un’andatura tranquilla era sufficiente. E dunque almeno la prima parte della Dakar è stata alla portata forse non di tutti, ma di molti. La seconda settimana, tuttavia, è diversa. Sicuramente impegnativa».
E come ti senti per la settimana impoegnativa?
«Pronto per la settimana impegnativa!».
Giornate difficili da “privatone” senza assistenza, solo con la tua “valigia” di ricambi, vestiti, sacco a pelo, eccetera?
«Guarda, alla giornata di riposo dovebvo solo cambiare pastiglie dei freni e catena-corona-pignone. Mi hanno spiegato come fare, e ho finito presto. Ho imparato alla Dakar a fare lo spurgo dei freni, ed a arrangiarmi per sistemare tutto. Funziona. Non mi pesa».
L’anno scorso con un “rottame”, quest’anno con la moto nuova. Megio?
«Eccome! In effetti si vive diversamente. L’anno scorso lavoravo a volte fino a notte fonda, quest’anno finisco molto prima, e sono operazioni di routine senza stress».
Finita la prima Dakar, ci si deve fermare o si deve rifarla?
«No, io penso che bisogna rifarla. E io spero di finirla anche quest’anno e di rifarla anche l’anno prossimo».
Cosa conta di più?
«Farla. Poi ognuno a modo suo, con i suoi obiettivi. Io, per esempio, pur avendo iniziato tardi, sono uno competitivo. Certo, non ambisco a stare là davanti, siamo sinceri, a ognuno il suo mestiere. Ma mi piacerebbe vincere, magari non quest’anno, questa categoria delle “malles”. In questo momento sono terzo. Tre piloti sono veloci, qundi sto andando bene. Vediamo come va. Intanto sono contento».