Magia Dakar. Edizione 2002, la seconda volta di Meoni

Magia Dakar. Edizione 2002, la seconda volta di Meoni
Dopo aver vinto la sua prima Dakar, Fabrizio Meoni raccoglie la sfida di sviluppare una KTM bicilindrica il cui schema è in origine destinato ad una moto stradale. La missione è impossibile, ma non per i talenti di Meoni e del “Ferro”
6 gennaio 2016

Quando Fabrizio Meoni vince la sua prima Dakar, nel 2001, la Storia della celebre maratona africana gira pagina per aprire uno dei suoi capitoli più belli. Fabrizio regala alla KTM la sua prima vittoria, e nella Fabbrica di Mattighoffen esplode l’entusiasmo per la Dakar, sino ad allora alimentato soprattutto dalla passione di Heinz Kinigadner. Stefan Pierer, il proprietario di KTM, vola a Dakar per abbracciare il suo Campione sulla Spiaggia del Lago Rosa, e con le lacrime agli occhi per la commozione si lascia andare, annunciando non solo che la Fabbrica si impegnerà ancor di più sul fronte della leggendaria competizione ma anche che KTM scenderà addirittura sulle piste della Moto GP. Stiamo parlando di 15 anni fa, e solo ora possiamo dire che quella del “Boss” austriaco non era stata una spacconata fine a sè stessa, ma l’aneddoto serve solo per farci capire quale entusiasmo generò quella vittoria di Fabrizio Meoni.

Tornato in Italia, Meoni si aspettava di essere confermato in una Squadra con lo stesso assetto di quella che aveva vinto per la prima volta la gara, e invece ricevette la proposta di sviluppare una moto destinata ad una nuova serie di KTM stradali. Un progetto ambizioso, ancor di più se accostato alla Dakar di cui Meoni era diventato l’emblema. Il compito primario di Fabrizio era quello di collaudare la robustezza e l’affidabilità di soluzioni da sviluppare in fretta, e di dare alla bozza di telaio, nel quale alloggiava un nuovissimo bicilindrico a V di 75° e 950cc, progettato da Claus Holweg, una forma funzionale definitiva. Il lavoro di sviluppo era svolto da Meoni insieme al tecnico storico di KTM, Bruno Ferrari, detto “Ferro”, e al meccanico/pilota Arnaldo Nicoli, che si alternava con Meoni nei test.

Non c’era fretta, e, credo, neppure troppa certezza di esito, nella proposta di Stefan Pierer, ma ce ne fu totale nella sfida raccolta da Meoni e il Ferro. A ottobre la KTM 950 Rally era pronta. Meoni la portò al vittorioso debutto in Egitto, e fu pronto a giocarsi il Titolo in quell'edizione della Dakar che partiva da Arras il 28 dicembre, per terminare il 13 gennaio sulle rive del Lago Rosa.

Batini insieme a Meoni
Batini insieme a Meoni
Naviga su Moto.it senza pubblicità
1 euro al mese

Con la monocilindrica KTM vinsero, uno dietro l’altro, De Gavardo, Roma, Arcarons, fino all’ottava tappa, quando la Dakar entrava in Mauritania. Tra Tan Tan e Zouerate, Meoni portò alla vittoria per la prima volta la sua grossa e pesante, ma anche molto potente e sfruttabile, 950 Rally. Con la monocilindrica continuarono poi a vincere De Gavardo, Cox e Roma, ma Meoni rimase in testa al Rally, seppure con Roma a un minuto soltanto di ritardo.

La Dakar numero 24 diventò un affare privato tra Meoni e Roma, che si avvicinava sempre più. La tappa tra Tichit e Kiffa fu il capolavoro di Meoni che riuscì a beffare Roma, a fargli perdere la testa e… la direzione, e a costringerlo alla resa e, infine, al ritiro. KTM vinse tutte le Speciali della Arras-Madrid-Dakar, Meoni solo due tappe e, per la seconda volta consecutiva, la mitica gara.

Si trattò di una vittoria memorabile, e per Meoni forse ancor più significativa della prima, ottenuta l'anno precedente. Fu, infatti, una vittoria morale ancor più grande di quella sportiva, con la quale Meoni dimostrò come fosse possibile, a patto di possedere una forza di carattere e una determinazione certamente non comuni, vincere qualsiasi sfida, compresa quella di una moto sulla carta improbabile. Tale esclusività della forza di Meoni fu dimostrata anche dalla brevissima carriera sportiva della LC8 950 Rally. Roma la scelse per la stagione  di Campionato del Mondo, vinse in Tunisia ma poi, spaventato dalla difficoltà di controllare la “belva”, rifiutò poi di guidarla ancora. Quella moto, infatti, poteva essere guidata con padronanza completa solo da Fabrizio Meoni e Giovanni Sala.

Ultime da Dakar