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La Dakar è definita un’odissea. Gli organizzatori giocano sul luogo comune e sul fatto che la maratona per definizione è un viaggio agonistico, ma allo stesso tempo un periplo difficile, introspettivo, oltre le dimensioni del normale e oltre, talvolta, i limiti dell’uomo. Tuttavia, mai come nel caso di Matteo Casuccio, classe ’77 di Sinalunga, ma residente sulle rive del Tirreno a Follonica, la definizione è più pertinente, calzante. Il toscano, prima ancora di potersi schierare al via, ha già vissuto una vera e propria odissea personale, ed è stato bersaglio di una serie di sventure che avrebbero potuto dissuadere chiunque, ma non la granitica solidità del pilota e della sua famiglia.
Matteo Casuccio è appena sceso dalla bicicletta. Ci va più che può, per allenarsi e per non pensare alle terrificanti indicazioni emerse dalla conferenza stampa di presentazione
«Ne ho sentite di paurose – ci ha raccomtato -. Sto iniziando a farmela sotto. Per questo vado in bici. Pensavo che a un’edizione difficile come quella di quest’anno gli organizzatori ne avrebbero fatta succedere una più “umana”. Ma poi vedo che il numero dei piloti accettati è inferiore a quello dello scorso anno, e allora penso che abbiano voluto selezionare più attentamente quelli in grado di misurarsi con la prova. Oppure penso che l’abbiamo fatto per gestire meglio dell’anno scorso i “dispersi” nelle tappe micidiali, sapendo che ve ne saranno ancora. Insomma, la vedo dura, ma dopo i sacrifici che ho fatto ci terrei proprio ad arrivare in fondo. Come tutti del resto».
Dopo le vicissitudini di quest’anno le cose sembrano aver preso una buona piega. Con Gas Gas credo di aver trovato una situazione ottimale. Sono stati bravi, mi sono davvero venuti incontro con il trattamento e il prezzo della moto più un motore quando ne ho chiesta una in sostituzione di quella rubata
Come siamo messi a livello organizzativo e di preparazione?
«Alla fine, dopo le vicissitudini di quest’anno, le cose sembrano aver preso una buona piega. Con Gas Gas credo di aver trovato una situazione ottimale. Sono stati bravi, mi sono davvero venuti incontro con il trattamento e il prezzo della moto più un motore quando ne ho chiesta una in sostituzione di quella rubata. Il fatto è che Gas Gas ha finito la nuova moto solo adesso, in pratica appena in tempo per presentarla al Salone di Milano, e gli stessi piloti ufficiali Farres e Oliveiras sono molto in ritardo con i test della nuova moto. Di moto “vecchie” non ne avevano più fatte in attesa della nuova. Morale, nessun “cliente” a parte me che c’ero già. Questo vuol dire che, alla fine, avrò un posto nel Team JVO come cliente assistito insieme ai due piloti ufficiali. Solo meccanici factory, anche per me. Perfetto! La moto è a posto, dopo il Merzouga ho cambiato il motore e rifatto le sospensioni. In Marocco non sono venuti i meccanici del team, e io avevo solo la moto e i panni, non una sola chiave da 10 per il tagliando. Non ho mai cambiato un filtro né tirato la catena. Per fortuna il quarto giorno il meccanico di Laia Sanz, Albert Tomè, mi ha dato un’occhiata alle sospensioni e mi sono tolto anche la soddisfazione di fare un undicesimo posto assoluto».
Ora va tutto bene, ma non è stata una marcia di avvicinamento facile. Raccontaci l’odissea della moto rubata e fortunosamente recuperata
«Il 15 maggio, giorno di apertura delle iscrizioni, sono il primo, alle ore 00:01, a cliccare sul formulario elettronico di accesso alle adesioni della Dakar 2015. Pochi minuti dopo, primo pagamento effettuato, è fatta. Oddio, bisognerà attendere che ASO accolga la richiesta (nessun diritto acquisito, si è sempre ospiti, alla Dakar), ma quello che umanamente si poteva fare io l’avevo fatto.
Il 18 vado a fare una gara a Norcia. Cado. Crociato, menisco e piatto tibiale. Tutto rotto. Cominciamo bene! Decido di non operarmi, altrimenti sono sei mesi solo per il recupero e salta tutto. Il 25 vado a trovare i miei suoceri in Liguria. Mi porto la moto pensando di andare ad allenarmi a Ovada. La notte me la rubano dal carrello nel parcheggio privato. Infine, piove sul bagnato, il 6 giugno, l’azienda per cui lavoravo allora mi mette in mobilità. Quindi, fatta l’iscrizione, in venti giorni mi ritrovo senza ginocchio, senza moto e senza lavoro. Fantastico! Ah si? - mi dico - E allora questa Dakar s’ha da fare, per forza.
Dello stesso avviso è il mio babbo, che pompa sul morale che rischia di scivolare sotto i tacchi. Mi chiama, mi dice che a questo punto non si molla, che questa Dakar, sì, si deve fare per forza e, per prima cosa, si fa carico di comprarmi un’altra moto».
E come hai reagito alla tempesta di sfortuna?
«Come se non fosse successo niente. Pian piano il ginocchio è andato più o meno a posto, ho trovato un altro lavoro, per fortuna nel mio settore un po’ di qualifica ce l’ho, e la moto me l’aveva ricomprata il babbo».
Poi il caso…
«Sì, davvero. Un caso. Venti giorni dopo che mi hanno rubato la moto a Genova, rubano il furgone di un amico a Follonica, trecento chilometri a sud, dove abito. Il mio amico mi racconta che, quando è andato a recuperare il furgone, ritrovato in Liguria, “ritargato” Ucraina e conservato nel deposito di Cecina – a pochi KM da casa mia - ha visto anche una cinquantina di moto, intere o smontate, rubate anch’esse e recuperate dalle forze dell’ordine. Ma la mia non c’è. Intanto hanno messo il sale sulla coda a una banda di ucraini, una trentina di “operatori” per un “fatturato” di un centinaio di moto alla settimana che, mi dicono, aveva la base a Cecina ma operava in Liguria. Penso, stai a vedere che la mia moto, rubata in Liguria, è ora nascosta a pochi passi da casa mia! I Carabinieri di Santa Margherita ligure mi dicono che, vista la data del furto, la mia moto è probabilmente una vittima di quella banda, ma che se non è nel capannone di quelle recuperate, purtroppo è già in Ucraina. Mi indicano, tuttavia, i siti web dove spesso tali moto vengono offerte in vendita, spudoratamente. Li visito ma la mia moto non c’è. La do per persa».
«A settembre finalmente ho un nuovo lavoro, e un giorno in ufficio digito sul traduttore di Google “Vendita Gas Gas Dakar”. Traduco in cirillico, copio e incollo e lancio la ricerca sul motore. La prima voce che salta fuori è la mia moto. Rimango impietrito, mi sembra di vedere un fantasma. Era il 10 di settembre. Nuova denuncia, consolato, Interpol. Anche una colazione di lavoro piuttosto “esosa” pagata al console ucraino in Italia, che mi dice alla fine che lui cura gli interessi degli ucraini in Italia, non il contrario. Cavolo, non potevi dirmelo prima di mangiare? La moto era a 50 km dalla Polonia, il consolato a Kiev, mille e passa più in là. Mi indicano un console onorario italiano che opera in quella zona. Lo contatto, per prima cosa mi chiede quanto vale la moto, e subito dopo mi chiede circa il 30% del valore per recuperarla. Ma scusa, non sei un console?!»
Quindi moto di nuovo persa?
«Andiamo avanti. Conosco una cameriera ucraina che lavora a Follonica, il cui fratello è ancora in Ucraina e vive a una cinquantina di chilometri da dove si trova la moto. Ci parliamo, mi dice che ci vorranno un paio di migliaia di euro per portare a compimento la missione. Mille subito, sulla fiducia, mille alla fine dell’operazione. Glieli do. Cinque giorni dopo mi manda le foto della moto sequestrata, i poliziotti intorno. Mi racconta anche che il lestofante, che se n’era fregato della denuncia e continuava a esigere, come da inserzione, 5.300 dollari per la vendita “regolare”, è finito in manette. Sequestrata la moto, il problema era riportarla in Italia, perché pretendevano che andassi a ritirarla di persona. Ci sareste andati, voi, dopo aver fatto arrestare uno di loro? Altro colpo di fortuna, un ragazzo di Follonica che è sposato con una ucraina, vive in quella zona. Una delega e lui recupera e porta la moto nel garage dei suoceri. La ciliegina finale. Un conoscente che importa birra dalla Polonia. Mi indica un trasportatore che si rifornisce vicino al confine con l’Ucraina. Il problema è il passaggio della frontiera. “Te non ti preoccupare”, mi dice il trasportatore, mi chiede 500 euro, passa in Ucraina e, il lunedì successivo, diretto in Sardegna con un carico di birra, scarica la mia moto a Piombino, a 18 km da casa!».
In effetti abbiamo provato a riprodurre la fase “interattiva” della tua ricerca e, figurati, abbiamo trovato la tua Moto ancora “in vendita” sul sito internet. Beh, adesso hai due moto. Che ne farai, correrai con quella che ti avevano rubato?
«No, ormai corro con quella nuova cui ho cambiato il motore. La “vecchia”, l’”originale”, la carico sul camion e la porto con me, per i pezzi di ricambio eventuali e perché mi porti fortuna!».
Foto: Matteo Casuccio e ApPhotosport