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Sivas, 4 Settembre. Funziona così: Burak Büyükpınar, il Boss, stende i piani generali del Transanatolia a venire. Le direttrici di massima, i punti cospicui, le particolarità. Orhan Çelen, il Precursore, prende l’incartamento e si trasferisce su Google Maps. È inverno.
Appena le nevi si sciolgono sa già dove passerà il Rally, perché conosce il Territorio come le sue tasche. Però tutto cambia, e i layout sopra la geografia non sono mai uguali. Iniziano le prime ricognizioni, più o meno arriva la Primavera. Il tracciato ipotizzato viene percorso per intero. Ci vuole tempo, attenzione, sapere se e come si dovranno apportare delle varianti.
Una volta definito il percorso entra in scena Jordi Arcarons, uno dei massimi esperti di Rally-Raid, Campione, tracciatore, tattico. Lo spagnolo ha il compito di occuparsi della stesura del Road Book. Passa altro tempo, l’operazione è delicatissima, un lavoro di estrema precisione e di massima esperienza. Una volta pronto, il Road-Book è il codice del tracciato del Rally. Ed è già Estate. Poche settimane dal via il Road Book passa nelle mani di Paolo Albertini che lo ripassa tutto. Paolo è il primo che “corre” sul percorso del Rally, ancora ovviamente segreto.
Tocca a lui verifica che ogni singola nota sia precisa e corrispondente alla “matrice” del terreno. Il quale può ancora cambiare, una terra che diventa asfalto, una frana che chiude una via, un errore di distrazione. Paolo, che ha sviluppato per le valutazioni e i controlli, un personal goggle system (che registra immagini w video e funge anche da "giudice" nel caso di contestazioni) ontrolla e corregge, registra le modifiche da apportare e passa allo stampatore, e parallelamente passa i tracciati digitali all’organizzazione, la quale li utilizzerà in vari modi al servizio della logistica, della promozione. Non è finita. Quando i piloti si vestono per partire nella Tappa, Paolo Albertini, con il numero Zero parte davanti a tutti, prima ancora dell’alba, e ripercorre tutta la Tappa, non di rado spunta ancora qualche modifica, per esempio quando viene giù il Mondo come a Samsun. Così avete capito perché il percorso di un Rally, nella rappresentazione del Transanatolia, è ad un tempo bellissimo e scorre sotto le ruote dei Piloti al ritmo incessante delle note di un Road Book precisissimo. Questo è.
Da Tokat a Sivas, il Transanatolia 2023 scende verso il centro del Paese. Due Speciali in programma, la Tokat di 141 chilometri e la Kosedag di 75. 217 chilometri cronometrati per la seconda Tappa, più 130 di trasferimenti. Abbiamo parlato di bellezza del Rally-Raid, di magnificenza del percorso. Ci è venuto in mente perché capita che ai Concorrenti non sia dato accorgersene. Altre variabili, sempre. Il tracciato si inerpica sulle montagne, fino a 1.900 metri sul livello del mare. È bellissimo, ma ce ne accorgeremo solo noi alla fine, quando sono passati tutti e rientriamo.
Per buona parte del mattino, infatti, la montagna è stata avvolta dalla nebbia e da minacciose nubi basse. Visibilità ridottissima, ritmi di conseguenza più prudenti. Ed ecco il primo colpo di scena: Lorenzo Santolino, Sherco, il vincitore della prima Tappa e quindi primo leader del Transanatolia 2023, si ferma dopo pochi chilometri. Appena entrato in Speciale, la sua Sherco si è ammutolita. I tecnici riveleranno un problema all’impianto elettrico, poca cosa, tanto danno. C’est… la vie.
Rui Gonçalves, il compagno di Squadra, rileva il ruolo di Santolino. Il portoghese non fa storie, vince entrambe le Speciali e passa al comando. Non dilaga, diciamolo. Infatti alle sue spalle avanza l’armata delle bicilindriche. Ranghi compatti, nell’ordine Pol Tarres e Alessandro Botturi, Yamaha, Jacopo Cerutti, Aprilia. Sono lì, a contatto con la più agile, e ancora di più sulle stradelle di montagna, monocilindrica. C’è un’altra Sherco, quella dell’indiano Noah, a sbarrare la strada del migliore degli italiani dopo i “big”. Alberto Bertoldi è sesto, Francesco Catanese ottavo. È rientrato Guerrini, Team Solarys, che si è fatto notare, è dodicesimo assoluto di giornata. Peccato che paghi la forfetaria del primo giorno.
Corrono in maniera diversa, la due Squadre delle Bicilindriche. Si direbbe che le Yamaha, ormai al culmine dell’evoluzione, spingono alla ricerca del difetto, mentre le Aprilia, del tutto inedite e nuove, si preoccupano solo di passare al vaglio tutto quanto è stato fatto sulla Tuareg 660 facendo, sommando chilometri. Tra l’altro già in completo assetto di Africa, gomme e mousse comprese. Certamente sia da una parte che dall’altra la componente di studio è forte, e probabilmente dobbiamo ancora scoprire, al Transanatolia, il potenziale di entrambe. Proviamoci nella terza Tappa, quella che porta da Sivas a Cappadocia, 360 chilometri di cui oltre 220 di prove speciali.
© Immagini Transanatolia – Aprilia Racing – Botturi Media