Sei Giorni 2013 Sardegna. Story. 1997, ISDE Lumezzane

Sei Giorni 2013 Sardegna. Story. 1997, ISDE Lumezzane
L’ultima Sei Giorni italiana, prima della Sardegna, fu quella di Lumezzane. Un’edizione rivoluzionaria nella quale l’Italia conquistò entrambi i Trofei in palio. Domenico Dall’Era, uno degli autori dell’evento | P.Batini, Olbia
5 ottobre 2013


466 Piloti da 27 nazioni, 77 Club, 20 Squadre Ufficiali delle Case costruttrici.
Alla fine di un evento memorabile gli italiani vincono con la Squadra del Trofeo, composta da Fausto Scovolo, Stefano Passeri, Giovanni Sala, Jarno Boano, Mario Rinaldi e Fabio Farioli, e con la Squadra Junior di Pablo Peli, Ivan Boano, Alessio Paoli e Giovanni Genini. Domenico Dall’Era, vicepresidente, e Damiano Bugatti, presidente, erano già allora l’anima del Moto Club Lumezzane, che capitanò l’impresa di quella Sei Giorni.


Domenico Dall’Era
. «Eh sì, è stata una manifestazione, per quei tempi, con una eccezionale qualità di pubblico e di Prove Speciali. C’è da dire che la gara l’abbiamo organizzata noi del Lumezzane ma assieme ai Moto Club bresciani, in modo da allestire due giornate in Franciacorta, fino a Rovato, due a Lumezzane e due anche nella Valle Sabbia. Così una buona parte della provincia di Brescia è stata interessata all’evento».


Quali furono le emozioni più forti di quell’edizione?

«In quella edizione i grandi momenti di emozione sono venuti dalla grande partecipazione, dall’essere riusciti a disegnare non un solo giro ma ben tre tracciati di diverso tipo, con delle Prove in linea importanti e delle mulattiere che, diciamolo, erano congeniali e quindi favorivano i nostri concorrenti. Fu così che, per caso o fortuna, non so, ma certamente per la bravura dei Piloti, entrambe le Squadre italiane si aggiudicarono i rispettivi Trofei. Fu davvero esaltante, entusiasmante».


Passati tutti questi anni, cosa vedi adesso nella Sei Giorni?

«Vedo che, non ostante il passare del tempo, molte cose importanti non sono cambiate. Vedi l’entusiasmo degli appassionati, e… gli stessi appassionati. Io qui ho trovato tedeschi, finlandesi, e naturalmente italiani, che hanno fatto anche la nostra Sei Giorni. C’è moltissima partecipazione, perché il percorso e la location la faviriscono, ma non vedi un gran cambiamento. La passione è la stessa, ed è quella che spinge tutti noi».


Ti è piaciuta?

«Te l’ho detto, per la passione, per aver visto il pubblico partecipare e fare delle cose bellissime, mi è piaciuta molto. Così come mi sono piaciuti del passaggi veramente importanti della gara. Forse quello che manca oggi è una maggiore varietà di PS, con le prove in linea, che determinino una maggiore selezione tra un crossista ed un endurista vero».


Pensi che sia più difficile organizzare, oggi, questo tipo di prove?

«Sì, credo che oggi sia più difficile, soprattutto per le garanzie di sicurezza che gli organizzatori devono dare a un numero così alto di partecipanti. Sì, penso che potrebbe essere difficilissimo raggiungere un Pilota che si fa male dentro una Speciale di difficile accessibilità. Bisognerebbe adottare dei mezzi tecnologici nuovi, che noi tra l’altro stiamo vagliando per utilizzarli nel Mondiale che organizzeremo il prossimo anno. Si tratta di tecnologie moderne e molto semplici, e soprattutto molto diffuse oggi».


Il Moto Club è in visita, ma soprattutto partecipa…

«Certo. Con il nostro Moto Club corrono Alessandro Botturi, che è un po’ il nostro riferimento moderno, Edoardo d’Ambrosio e mio figlio Alberto. È una Squadra senza lode e senza infamia, nata dal desiderio di partecipare. Le loro moto sono in parco chiuso, e quindi tutto è andato bene, e Botturi mi diceva che è stato molto bello e divertente partecipare senza la minima pressione per il risultato. E così si sono divertiti tutti gli altri, e noi che li abbiamo seguiti».

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