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Rappresenti un Marchio impegnato moltissimo con la Sei Giorni, il Team di punta che vi partecipa, e hai un’esperienza globale di Sei Giorni immensa. Riesci ad astrarti per un momento da tutti tuoi ruoli e a darci un’impressione generale?
Fabio Farioli. «Punto 1, l’impegno di KTM come potete vedere è pressoché totale. È coinvolta la Fabbrica, KTM Italia con il servizio per i Privati e gli stranieri, e i nostri Team, a disposizione dei Piloti che corrono per i loro Paesi. Noi abbiamo supportato direttamente anche l’operazione “clienti”, che conta oltre cinquanta partecipanti con le nostre moto, visto che KTM aveva finito le moto da mettere a disposizione, vedi gli argentini. Giusto, 360°. Noi, come Team, con tutti nostri Piloti ufficiali, due con la Spagna, due con la Francia, due con l’Italia del supporter Team, un altro con la Spagna che se è fermato, i due dell’Iron Team, supported ma in fin dei conti sempre “nostri”. Quindi proprio 360°, sotto tutti i punti di vista. Si vede, perché alla fine i risultati si notano anche quelli. Meo sta battagliando con l’australiano Milner, che secondo me è la rivelazione assoluta di questa Sei Giorni, Aubert sta andando benissimo, Guerrero non eccelle ma è in testa alla E1, Cervantes, ecco, è un po’ sottotono. Me lo aspettavo più aggressivo su questo tipo di terreno. Stanno andando bene anche Moroni e Balletti, o Monni e Redondi. Sono bravi e stanno smanettando.
Il giudizio globale».
«È una Sei Giorni un po’ così. Non ci sono prove in linea, non ci sono prove estreme o particolarmente selettive. Non voglio dire che siano PS facili, ma se ci fossero state le prove del Mondiale, penso che certamente la “sonata” sarebbe un po’ cambiata. A livello logistico penso che il problema della polvere fosse inevitabile. La Sei Giorni è diventata ormai anche una grande festa. L’aspetto agonistico c’è sempre, ma l’importante è che è diventata anche una grande festa del Fuoristrada. Per essere così deve dare la possibilità a tutti di correre e divertirsi, anche alla gente meno esperta. Quindi, sicuramente gli organizzatori si sono dovuti inventare un percorso abbastanza facile, e gli Italiani, poi, che siano bergamaschi, lombardi o sardi, dal punto di vista organizzativo sono una garanzia. Per il resto è tutto perfetto. L’unica cosa che non riesco a capire è perché questa Sei Giorni mi sembra un po’ sotto tono. Non chiedermi perché, ma è che sento un’atmosfera di questo tipo».
È proprio questo a cui volevo alludere, proviamo a capire. Le speciali?
«No, le Speciali sono bellissime. Lunghe, tecniche seppure in sintonia con il format della Sei Gironi moderna. Direi che le PS sono OK. La polvere, purtroppo, non ci si può far niente. Non si può bagnare tutto, e se poi l’avessero fatto in certi punti strategici, poi avremmo avuto quel pilota che si lamenta perché ha trovato fango o quell’altro perché ha trovato asciutto. Secondo me a livello di speciali, ma anche di giri e di percorso totale, bisogna pensare agli oltre seicento concorrenti, non si poteva fare meglio. In più l’accessibilità è perfetta. Tutto è in un raggio di accessibilità davvero eccellente. Logisticamente, per un addetto ai lavori, è impagabile. Forse è mancata un po’ d’informazione per gli spettatori, per guidarli lungo il tracciato e muoversi da una parte all’altra per seguire più fasi possibili, e per far loro conoscere e riconoscere i Piloti. Questa è una critica che ho sentito da più persone».