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Dopo l’uscita dell’ultimo decreto si è alzata la tempesta perfetta. Applausi e bordate di fischi. Facciamo, disfiamo, partiamo, ripartiamo, manetta. Questo si può? Questo no? Perché quello “sì” se quell’altro è “no”? E poi, è proprio “no” o se lo prendo come un “ni” faccio come mi pare? Conte bravo, Conte non capisce nulla, Conte ci ha dimenticato. E pensare che il decreto vale appena due settimane! È guerra, un polverone che rischia di diradarsi ben oltre la scadenza dell’attuale DPCM rendendo ancor più complicata la stesura del prossimo. Non avrei mai immaginato che le poche modifiche, oso dire assennate, potessero scatenare un simile putiferio. Ragioni e sragioni. Qualcosa non va, la colpa è sempre degli altri e si finisce nel delirio.
Abito in una strada lunga due chilometri dritta come un fuso. Il rettilineo del Mistral in un contesto un filo diverso. In tempo di emergenza è deserta. Squarciato il silenzio della mobilità zero, un “quattro-in-uno” scatena la sua furia all’uscita della rotonda. È l’urlo di Munch in un crescendo acustico esplosivo, fino alla bandiera a scacchi del semaforo e appena smorzato dall’effetto Doppler al traguardo volante di casa mia. Il tizio mette dentro quattro marce rabbiosamente, il motore piange al limitatore, l’inferno si smorza e lo dico: “Quello è un deficiente!”
Già sento l’obiezione: “È uno, uno. I deficienti sono pochi!” Sì, ma certi “uni” fanno in gran baccano, non solo in termini di decibel, poi tornano tra noi come malati asintomatici. Dobbiamo stare alla larga, distanza sociale e doppia distanza morale.
Ve lo voglio dire chiaro a tondo. Il deficiente deve essere isolato e noi dobbiamo stare dall'altra parte del diametro, evitare il contagio, allerta massima soprattutto in presenza di patologie come l’impazienza, la smania. Insomma, non dobbiamo cadere in tentazione. Capiamoci bene. Siamo inondati di impazienza, assillati dalle urgenze, corrosi dal lockdown. Ma non siamo per questo autorizzati, e neanche giustificati, a un travaso di adrenalina. Quello va bene al coniglio che ruggisce alla carota al giorno, non all’Homo Sapiens di questo frangente difficile e sfortunato.
Vi faccio una domanda. Quale era la vostra media oraria durante l’isolamento? Bassina, vero? Mai registrata una così vergognosamente bassa. Ora, quel tempo ragionevolmente perso non ce lo restituirà nessuna cavalleria, nessuna staccata al limite, nessuna trasgressione o irragionevole genialata. Ma non è per questo che arriveremo ultimi al traguardo. Perché ci mettiamo in Moto tutti insieme, andiamo tutti nella stessa direzione, ecco le regole, e arriveremo, anzi ripartiremo, in un tutt’uno di inedito, grandissimo valore sociale e civico.
Vogliamo avere un po’ di pazienza, isolare i quattro-in-uno irrecuperabili, tipo Renzi e Salvini, e mantenere la prua dritta sulla nostra dignità? Vogliamo mettere sullo scafale le borse da viaggio e tirar giù il cesto della spesa? Vogliamo avere la saggezza di rendere un servizio vitale alla mobilità, alla nostra Motocicletta e a noi stessi? Vogliamo rilanciare con il Gran Premio dei cinquanta all’ora?
Pensate un po’, già a queste condizioni la mia media oraria è salita del 500% rispetto al “pit stop” della quarantena. Pensate, quei cinquanta chilometri a cinquanta all’ora per andare al lavoro sono diventati un viaggio cinquanta volte più lungo di quelli impossibili dell’ultimo periodo. Lasciate che mi goda ogni metro, lasciate che mi goda la bellezza della Moto, lasciatemi capire che il godimento inizia da quando sta in piedi da sola per effetto del movimento, quando tiro su i piedi e li appoggio sulle pedane.
Da lì in poi è “Moto”. Visto? Lo dice anche il nome!