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Il decennio che si è concluso ha visto tanti cambiamenti economici, sociali e nei consumi, così come nelle abitudini di noi tutti, che hanno influito sull’evoluzione della moto.
Con la scadenza del nuovo anno alle porte, ci siamo chiesti come siano cambiate le ultime moto arrivate nel 2020 rispetto alle novità che potevamo acquistare nel 2010.
Diremmo poco se si considera che di vere rivoluzioni non se ne sono viste e, soprattutto, se si pensa a tante novità davvero inedite arrivate in passato; ma ci viene da pensare che siano cambiate molto se si guarda più in dettaglio, scoprendo evoluzioni meno evidenti, ma comunque importanti.
Nella sua storia recente la moto ha conosciuto fasi di grande creatività - legate alla forte domanda proveniente da mercati ricchi e ricettivi - alternate a periodi, per così dire, prudenti, nei quali tanti nuovi progetti sono rimasti chiusi nei cassetti perché non sostenibili dal mercato potenziale.
I primi anni Dieci del Duemila hanno in questo senso pagato molto la crisi globale scatenata nel 2008 e quella finanziaria del 2011. Certo, in quel periodo sono arrivate lo stesso molte novità pianificate in precedenza, figlie di un periodo migliore, ma altre sono state stoppate.
Nel 2010 in Italia furono vendute 94.000 moto. Erano state 137.000 due anni prima, e ben 161.000 nel 2006. Una picchiata che in misura più o meno simile ha riguardato anche il resto di quell’Europa che motociclisticamente conta, e gli Stati Uniti.
Con il brusco calo della domanda hanno dovuto fare i conti i costruttori, che naturalmente hanno impiegato del tempo per industrializzare modelli che stimolassero gli appassionati più attenti all'investimento d'acquisto.
E se l'è cavata meglio chi ha organizzato stabilimenti in aree produttivamente più vantaggiose, non soltanto con modelli di piccola cilindrata – vedi le KTM costruite in India – ma pensiamo anche a Honda, con efficienti impianti in Asia, e a marchi che puntano molto sulla propria immagine europea, come BMW o Triumph, per citare esempi noti.
Per chiudere con le cifre di vendita, ricordiamo che l'annus horribilis in Italia fu il 2013, con appena 52.700 moto immatricolate: un terzo rispetto a sette anni prima.
Da lì in poi, in Italia, ma un po' in tutta Europa - dove però il tracollo non aveva conosciuto una simile portata -, le cose sono via via migliorate, grazie alla situazione economica in lenta ripresa ed a un'offerta di modelli più centrata.
Nel 2019 in Italia sono state vendute circa 99.000 moto vendute (+6.5% sul 2018), ovvero il migliore risultato del decennio. E lo stesso risultato record del decennio c'è stato in Europa con un mercato tornato stabilmente oltre il milione di motocicli (-7%).
Il 2020, condizionato dalla pandemia e dai relativi lockdown più o meno severi, dovrebbe chiudersi con circa 93.000 moto vendute e una flessione contenuta nel 6% circa.
Comunque sia, se guardiamo all’attuale offerta di modelli ci rendiamo conto come questa sia più ampia e completa che non nel 2010. E’ vero che alcune categorie sono state fortemente ridimensionate, le 600 super sportive in primo luogo, ma anche le custom che non siano Harley-Davidson e certe sport touring sono fra queste, però altri segmenti si sono rafforzati, ed è nata la classe delle medie cilindrate tra i 300 e i 400 cc.
Soprattutto la crisi economica ha costretto a ridefinire certi modelli, puntando su una razionalizzazione delle piattaforme motore a beneficio del prezzo finale. Un esempio calzante è rappresentato dalle serie MT-09 ed MT-07, declinate in differenti versioni, con le quali Yamaha ha da subito scalato le classifiche delle vendite in molti Paesi.
E anche Honda ha saputo soddisfare una domanda di modelli “concreti” con le serie NC700 e CB500.
I segmenti che hanno visto i maggiori cambiamenti sono quelli delle maxi enduro e delle naked, che sono poi le categorie più diffuse:che è qui c’è stata maggiore concorrenza, e con quella un miglioramento qualitativo e quantitativo dell’offerta.
La BMW R1200GS era la moto più venduta in Europa già nel 2010: in Italia se ne vedettero oltre 6.000 esemplari, con le due versioni base ed Adventure. La formula, insomma, era già consolidata e piaceva.
Quello che è capitato negli anni successivi è stata la maggiore segmentazione in tre fasce di cilindrata (attorno a 600 cc, da 800 a 1.000 e oltre 1.000 cc), con l’aumento degli allestimenti Adventure, e soprattutto con la crescita delle prestazioni, delle potenze (siamo ormai oltre i 150 cavalli) e delle cilindrate, ormai prossime ai 1,3 litri.
Interessante anche lo sviluppo delle enduro stradali con ruota anteriore da 21 pollici, prerogativa delle KTM R fino a quale anno fa. Si tratta di modelli on-off buoni per viaggiare ovunque, capaci di affrontare seriamente il fuoristrada e offrire una resa dinamica stradale di tutto rispetto.
Le recenti Honda Africa Twin, la 1000 del 2016 e la nuova 1100, la Yamaha Ténéré 700 o la nuova Suzuki V-Strom 1050 (con il 19 pollici davanti) hanno aggiunto il richiamo alle affascinanti moto dakariane del passato.
A cascata, questi cambiamenti di impostazione sono arrivati sui modelli di cilindrata più piccola, e lo stile avventuroso ha raggiunto persino nuovi modelli di 250-300 cc.
Ancora più importante è stata però la crescita d’offerta dei modelli Crossover, in pratica le moto adatte a risolvere il 90% delle esigenze dell’appassionato medio: moto versatili, comode, efficaci e divertenti da guidare. La loro caratterizzazione fondamentalmente stradale, nonostante l’aspetto in molti casi on-off, ha poi permesso di spingere ancora di più sulle prestazioni dinamiche oltre che motoristiche, grazie a ciclistiche in alcuni casi parecchio sportive.
Proprio nel 2010 debuttava un’importante esponente di questo filone: la Ducati Multistrada 1200, un modello importante per le vendite Ducati, versatile ma soprattutto sportivo, e che ha stimolato altri costruttori. Pensiamo alla BMW S1000XR, una vera super sportiva con manubrio alto con la quale è possibile affrontare anche il granturismo. A KTM e alla sua altrettanto potente 1290 SuperDuke GT, o alla Yamaha, che con una formula analoga ma un cilindrata inferiore e un costo allettante ha risposto con la Tracer 900, oppure alla Multistrada 950 o all'ultima BMW F900XR.
E a fine del 2020 Ducati ha lanciato la nuova Multistrada V4 che ha alzato nuovamente l'asticella.
La categoria nella quale i cambiamenti sono stati in apparenza meno evidenti è quella delle supersportive. Il motivo va ricercato nella stabilità regolamentare delle gare Superbike e nel consolidamento della categoria MotoGP: entrambe le massime categorie motor sport hanno focalizzato tecnica e immagine sui modelli con motore a quattro cilindri e un litro di cilindrata.
L'impostazione della Kawasaki ZX-10R, base della moto vincente anche quest'anno nel mondiale SBK, non è ad esempio tanto diversa dal modello analogo del 2010. Quello che si è visto in questi dieci anni è stata l'ulteriore specializzazione racing della categoria, la definizione sempre più a misura della pista, un'estremizzazione del concetto iper sport che sintetizza bene l'evoluzione costante in termini di progetti, accorgimenti e materiali attorno alla stessa struttura di motore e telaio.
Addirittura Yamaha ha deciso di vendere nel 2021 la sua YZF-R6 solo per uso pista, non omologata Euro 5 e quindi non ammessa alla circolazione su strada.
Ovviamente non sono mancati modelli di assoluto riferimento dal 2010 al 2020. Pensiamo ad esempio alla Ducati Panigale 1199 del 2012, alla Honda RC211V-S o alla Kawasaki Ninja H2 sovralimentata del 2015, alla Yamaha R1-M o alla più recente Panigale V4; senza scordare BMW S1000RR o Aprilia RSV4. Tutte moto costantemente evolute e sempre più performanti, grazie in buona misura allo sviluppo dei sistemi elettronici di controllo.
E' stata probabilmente ”l'elettronica” la grande protagonista nel cambiamento della moto nella decade che si sta chiudendo. E lo sarà sempre di più, ad esempio per rispettare le normative sulle emissioni.
La gestione elettronica del motore è iniziata con l'acceleratore ride-by-wire, che ha permesso di avere più opzioni di erogazione della coppia, mentre l'introduzione delle piattaforme inerziali di questi ultimi anni ha permesso di affinare il controllo di trazione, di avere l'anti impennata, il freno motore l'assistenza alla partenza, ha permesso di gestire l'intervento dell'ABS anche in curva e ha permesso di far dialogare le sospensioni elettroniche semi attive – diffuse proprio di recente – con lo stile di guida scelto, oltre che con il variare del carico (passeggero, bagagli) e delle caratteristiche del percorso.
L'elettronica sempre più evoluta sta permettendo di sfruttare potenze molte elevate (217 cavalli è la potenza dichiarata per l'ultima Honda Fireblade 1000, ma anche oltre 300 per la Kawasaki H2R, foto in apertura) con uno standard di sicurezza impensabile in passato, e riducendo anche le emissioni inquinanti e i consumi.
Anche le Naked hanno beneficiato di queste novità. Il settore delle moto "nude" si è ulteriormente segmentato spaziando dai modelli basici alle naked da pista: queste ultime hanno finito per sostituire su strada le super sportive carenate da 600 e 1000 cc.
Fra gli ultimi modelli 2020 vanno ricordate la Ducati Streetfighter V4 e la Kawasaki Z-H2 sovralimentata.
La famiglia delle Classiche, che siano heritage o modern classic, hanno ricevuto un ulteriore impulso negli Anni Dieci.
Basta guardare all'ampliamento della gamma Triumph Bonneville, alla nascita della serie R nineT di BMW (2014), dalla diffusione delle Scrambler (come la Ducati arrivata nel 2015 e diventata una famiglia), alle Café Racer non più materia di specialisti, ma prodotte in serie da grandi costruttori con relative linee di accessori per poter giocare nella personalizzazione.
Queste moto dall'affascinante e rassicurante richiamo classico valgono oltre il 15% del mercato europeo, e paiono destinate a crescere in futuro. Ormai interessano tutte le fasce di cilindrata, facendo presa non soltanto sui motociclisti maturi - l'età media in Europa è di oltre 45 anni – ma piacendo anche a chi ha meno anni.
E' un ripescare di nomi, sigle e soprattutto stili che si rifanno agli anni Settanta e Ottanta. Abbiamo citato la Ducati Scrambler, ma ci sono anche la Kawasaki 900 RS e la Triumph Speed Twin fra gli esempi più recenti.
Nei primi anni Duemila si era creato un vuoto fra le cilindrate 125 e 600, dipeso dall'evoluzione del mercato occidentale e dalle normative sulle patenti.
Un vuoto che ha iniziato a riempirsi in maniera più significativa dopo il 2010, con le nuove 250, 300 e poi 400 cc. Dalle KTM RC e Duke, alle giapponesi a uno e due cilindri 250/300, dalla G310 BMW alle 400 Kawasaki, Z e Ninja, e così via. Moto prevalentemente stradali, adatte all'Europa come ai mercati emergenti dell'Asia meridionale piuttosto che all'India, diventato nel frattempo il primo Paese produttore al mondo.
Modelli costruiti in quell'area, che prendono il nome di BMW G310GS, Honda CB300R, KTM Adventure 390, Yamaha MT-03, eccetera.
Se c'è un segmento sviluppato tipicamente negli Anni Dieci è infine quello delle moto elettriche.
Le americane Zero e Brammo sono state le prime ad arrivare già nel 2010-2011, e se è pur vero che l'elettrico si stia diffondendo nel settore scooter – dai ciclomotori al C-evolution BMW del 2014 – le proposte in campo moto sono state numerose, perlomeno a livello di concept.
Il settore segue lo sviluppo tecnologico del mondo auto per quanto riguarda le batterie e l'elettronica di controllo, e nello specifico deve fare i conti con i prezzi elevati rispetto alle motorizzazioni termiche, i tempi e le difficoltà di ricarica, l'autonomia, e quindi le prestazioni in senso lato.
I'italiana Energica, puntando proprio sulle prestazioni del motore elettrico, ha aperto la strada delle moto vere, ma in un contesto di nicchia. Harley-Davidson ha lanciato la LiveWire nel 2014, ma le vendite sono iniziate solo quest'anno negli USA, mentre i grandi nomi come Honda e Yamaha sono ancora fuori dalla partita.
Tuttavia Kawasaki ha mostrato nel 2019 a EICMA il suo concetto di moto; BMW ha fatto lo stesso, e Honda addirittura ha corso e vinto più volte al TT Zero utilizzando il marchio Mugen.
L'accelerazione tecnologica più grande dei prossimi anni sarà senza dubbio quella impressa dalla moto elettrica, ma aspettiamoci altre importanti evoluzioni anche nelle motorizzazioni tradizionali, e anche fra quelle oggi meno diffuse, come la sovralimentazione o addirittura il "due tempi"...
I modelli di media cilindrata hanno sempre occupato un posto importante nelle preferenze dei motociclisti. Non molti anni fa si registrò l'ultimo boom grazie alle 600 a quattro cilindri in versione supersport (CBR600, ZX-6R, GSX-R600 o R6) e naked (Hornet, Bandit, Fazer...). E prima ancora capitò alle enduro stradali fra i 600 e i 650 cc, ma è stato proprio negli ultimi tempi che le moto di media cilindrata hanno ripreso quota dopo un periodo di calato interesse e proposte datate.
Se diamo uno sguardo alle vendite di quest'anno vediamo che oltre al primo posto in classifica ottenuto dalla Benelli TRK 502, nelle prime dieci posizioni sono ben cinque i modelli fra i 500 e i 750 cc.
Un'affermazione che si deve a moto di concezione recente che hanno affrontato il tema dei costi di acquisto e gestione, della versatilità d'uso e del gusto di guida. Pensiamo, solo a titolo di esempio, alle Yamaha MT-07 e Ténéré 700 o alle Honda CB650R e NC750X.
E sono attesi modelli come la sportiva Aprilia RS660 o la naked Triumph Trident che rafforzeranno una proposta di modelli di media cilindrata attenti alle esigenze concrete degli appassionati di tutta Europa.
Ne riparleremo tra dieci anni, da trascorrere in moto.
P.S. La vostra selezione delle dieci moto (più una) del decennio potete aggiungerla nello spazio dedicato ai commenti.
(Articolo originale del 27 dicembre 2019, aggiornato il 30 dicembre 2020)
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