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Domenica. Calma. No piani di battaglia. No urgenze. Faccio un esercizio mentale. Provo a pensare a questa domenica come a una di quelle antiche, ovvero un giorno prima del lunedì, di quiete prima della tempesta. Non ci sarebbe motivo, non cambierà nulla questo lunedì rispetto alla domenica che sto vivendo lavorando, pazientando, ritrovando.
Nell’aria c’è un’ispirazione potente, “liberatoria”: Fase 2. Eccitazione che fa crescere la sensazione di imminenza. Si legge, si ascolta, si video-discute. Ripartenza, regole… ma ripartenza. Fabbriche siglano modalità con sindacati (mediatori in contatto con il bastardo?), TreNord a regime 60% (200% - 60% =… 120%?), vagoni metro disegnati in terra con le caselle individuali della distanza sociale. Mascherine, dispenser di gel disinfettante ovunque, sanitizzazioni ambienti (ma non erano le armi di difesa del confinamento?). App monitor e Smart working (ufficialmente è tradotto “agile”, chissà perché?) ove e quando possibile. Piano nazionale omogeneo, ma minaccia di chiusura di confini regionali (tempo per una nuova “confederazione regionale italiana”?).
Comunque Pronti. Quanto prima.
Nonostante quel 4 Maggio che risuona magico, manca un calendario definitivo o programmatico, diciamo ragionato. Le date restano relative in attesa… dell’ordine di partenza. Per fortuna, penso. Fabbriche, aziende, negozi, poi bar-1-metro, ristoranti-2-metri, nell’ordine. Cinema. Cinema, teatri, immagino stadi, palestre in fondo alla lista.
Restano i colli di bottiglia. Trasporto pubblico - nessuno ha pensato a riciclare la flotta dei pullman turistici in letargo? Sfalsamento degli orari di ingresso e uscita - massima criticità per la distanza sociale - eliminazione delle ore di punta. Dalle mie parti c’è la più importante industria motociclistica italiana. Da una parte il portone della Fabbrica, dall’altra parte della strada la stazione ferroviaria. Ci sono dei momenti che non si passa. Questo è un nodo cruciale, penso, nel quale convergono non solo idealmente criticità potenzialmente deflagranti. Penso. Risolviamo prima di tutto questo rebus, forse il resto viene da sé. Penso.
Siamo chiari: la curva dei casi “attivi” non ha ancora iniziato a scendere. Si aggiunge tempo. Due mesi di discesa fino al sospirone di sollievo, a essere super ottimisti e credere un po’ nel miracolo. Mi dico, allora: focus sulla ripartenza dell’economia, d’accordo, è essenziale, ma non corriamo il rischio di spuntare le armi con le quali stiamo mettendo all’angolo il nemico prima del KO. Distanza, precauzioni, tempo.
Giusto, invece, pensare a come ripartire. Prepararsi. E continua l’esercizio mentale con un fine a un tempo pratico, futile e emotivo, ben lontano dalle urgenze di un’infinità di famiglie davvero assediate.
In questo periodo non sono andato in Moto. Ci ho pensato ma non mi andava. Eppure ne avevo ancora più voglia. Quando proprio la crisi di astinenza mi corrodeva il collo, ho preso la più piccola e sono andato in farmacia, a prendere il pane. Poche centinaia di metri a velocità super codice pur di allungare il tempo e assorbire tutta l’aria e la gioia del momento. La verità è che, ad andare in Moto, mi sento stranamente in imbarazzo per una somma di motivi. Le guardie che ti fermano e pensano che fai il furbo, la maggiore pericolosità rispetto all’auto e il pensiero agli ospedali già così sotto pressione. Certamente non il momento di divertirsi.
La miscela di sensazioni si arricchisce di Fase 2, che non è un octane booster, si scalda e penso di nuovo alla Moto. Urgentemente, ma in modo nuovo. La Moto, le due ruote, le bici, benzina, muscoli, elettricità, possono giocare un ruolo di enorme importanza, addirittura chiave nella ripartenza.
Due ruote sono il minimo ingombro per una mobilità logica a distanza sociale. Io da casa al lavoro, io dal lavoro alla spesa, io dalla spesa alla nonna, io da solo. Io con il minimo di consumo e impatto, io fino davanti al portone di destinazione. Siamo in un nuovo dopo-guerra: tutti in motorino. Entusiasmo indicibile. La Moto è il veicolo-simbolo della ripartenza.
Io mi preparo a tornare in Moto. Sono tutte in perfetta efficienza. Batterie e posto, pneumatici, punterie, olii e liquidi, quando ci sono, pastiglie. In questi lunghi giorni hanno ricevuto tutte le attenzioni possibili di un tempo regalato. Pur sapendo tutto ho seguito come bibbie i nostri “manuali”, Il Perfetto, Frigerio, Vettor, Borile, Rigo, Acerbis.
Adesso come si riparte? A manetta? Ecco. Assolutamente no! Sì, io e altri 4 “junior” abbiamo anche un programma Racing, il Raid Portoferraio-Giovinazzo in cinquantino, però sono sicuro che quella forma di imbarazzo mi ha restituito in pieno una forma di piacere consapevole e puro dell’andare in Moto. Voglio andar piano, aspettare in coda pur immaginando che ve ne saranno poche, non in griglia in attesa che scatti il verde e non più killer di staccata e di “slot” alle rotonde, prendermi ed esigere il tempo. Guardare il mondo che scorre di lato. Vorrei chiedere al legislatore di non imporre un limite minimo di velocità perché sono seriamente intenzionato ad infrangerlo. Vorrei chiedere al mio capo di non mettermi fretta e di obbligarmi a timbrare non in funzione di un orario ma di “quando arrivo”, semmai recupero all’uscita. Vorrei che la Motocicletta recuperasse sul ritardo avvilente di spazi parcheggio rispetto alle auto, non più “clandestina” tra un’auto e l’altra.
Soprattutto, e mi sento di consigliarlo a tutti, voglio godermi la Moto, con calma assoluta, liberando tutte le sensazioni della grande lentezza, del vento, delle pulsazioni al polso, del contatto diretto con gli elementi (non l’asfalto, eh!).
Insomma, tu vo’ fa’ l’americano? Esattamente, però all’antica, come un easy rider sulla provinciale trasformata in Route 66 a 55mph massimo, il tempo del gusto alla fermata al Baghdad per un caffè.
Insomma voglio proprio godermi la Riscossa della Motocicletta! Chiaro per tutti?