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Ferruccio Zanchi. Innanzitutto non mi aspetto un conterraneo (ma si vede che a Firenze e dintorni, in Toscana, dai, per il Motocross “siamo” portati). Poi mi colpisce come può un diciassettenne dimostrarsi così adulto e con le idee chiare, e senza quella puzzetta sotto il naso che spesso emana dagli enfant prodige. Poi, siccome non lo conosco, mi faccio aprire le porte della competenza da Pietro Salina, che è il nostro esperto di settore e che conosce bene, benissimo Ferruccio.
Ferruccio è una promessa (in parte già mantenuta) del Motocross italiano, la sua storia è parallela a un’escalation di passi importanti, veri e propri salti di carriera (e del resto se non fai così, di salti a diciassette ne fai solo in discoteca). Sempre presto, scopro, a proposito, che alla “disco” e agli amici al bar Ferruccio a rinunciato a priori, prima ancora di incominciare. Il Motocross è diventato la sua missione, sin da piccolo, è diventato una missione di famiglia, di papà Niccolò e mamma Maria.
Io non conosco molto il sistema nervoso centrale del Motocross, Pietro sì, e l’intervista si sviluppa sul rapporto tra l’adolescente Ferruccio e il già professionista Ferruccio, in una fase della vita dove le scelte, oltre a costare spesso molto, sono cruciali. Capisco, tuttavia, che Ferruccio Zanchi la scelta cruciale l’ha già fatta molto tempo fa, insieme alla famiglia. Con la rinuncia ai divertimenti dell’età, con gli allenamenti a martello, con Vimond e altri “aguzzini”, della sua scuola extra. Improvvisamente intuisco che c’è qualcosa sotto, un bivio importante con una strada che porta al posto giusto. Però non lo dice nessuno… boh, magari è una mia idea strampalata.