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Unica ed ultima rappresentante della dinastia italiana di moto da trial, la Betamotor è da sempre sinonimo di qualità e affidabilità, pur con una spiccata indole racing. Storicamente nata a inizio del novecento a Firenze dopo un inizio dedicato alle biciclette e motoleggere, cresce nel dopoguerra la vocazione per le moto da fuoristrada che culminerà alla fine degli anni Settanta nel trial, allora disciplina emergente e commercialmente interessante. Proprio in questa singolare specialità del fuoristrada, la Betamotor ha trovato la sua dimensione ideale ed i suoi sette titoli mondiali ottenuti alla fine del millennio da campioni quali Jordi Tarres prima e Dougie Lampkin poi ne sono la testimonianza importante. Una storia di successi agonistici e di costante innovazione tecnica, occorre ricordare infatti come Beta sia stata la prima azienda fuoristrada a dotarsi di un traliccio completamente d’alluminio (per la Zero del 1990) nella produzione del suo modello di punta, o ancora la stirpe Rev con ammortizzatore posteriore diretto, insomma una costante ricerca di soluzioni utili al pilota con un occhio attento all’affidabilità.
Tornando all’analisi statica del modello messoci a disposizione direttamente dal Reparto Corse Beta di Paruzzaro, la prima cosa che salta all’occhio è l’estrema accuratezza delle finiture di questo modello che in verità anticipa di poco la commercializzazione del modello Factory 2014 e dalle parole di Donato Miglio responsabile operativo, questa versione di Dabill è nei contenuti di massima una pre-serie. Colorazione di serie, nera con sovrastrutture bianche e rosse, rifinita con componentistica d’alluminio personalizzata e tubi radiatore in silicone tutto in un classico rosso racing, apparentemente poco differente dalle sorelle di serie, delle quali mantiene tutte le misure di massima, trova esclusivamente differenze nella dotazione di potenza e personalizzazione delle sospensioni richiesti dal corpulento pilota britannico, in questo senso sta la differenza dai modelli di serie.
Nel dettaglio, il motore, rimane lo stesso del modello di serie nelle misure vitali, 300 cc. in attesa dell’industrializzazione del nuovo albero motore più stretto e con volano cavo, presente sulla nuova Factory, si differenzia, oltre ai sopracitati tubi radiatore in silicone rosso, per il carter frizione più largo in modo da contenere un disco in più nsieme all’attuatore rosso, a garantire una prestazione adeguata all’uso esasperato necessario nel superare ostacoli di dimensioni "mondiali". Altro aspetto caratterizzante è l’assenza della prima marcia, ritenuta superflua nell’utilizzo racing. Niente altro da segnalare in questo comparto, tranne la completa assenza di bulloneria in titanio, certamente curioso per una moto destinata alle competizioni, anche se in verità questo aiuta la moto ad essere in regola con le norme FIM che vogliono un peso minimo di 70 kg.
Il telaio della moto di Dabill è esattamente lo stesso della versione di serie. In questo caso Donato Miglio ci spiega che il solo Fajardo ha un telaio con misure leggermente diverse alla serie, per poter meglio rispondere alle sue esigenze tecniche e soprattutto a causa della minore altezza rispetto al britannico. Per quanto riguarda il comparto sospensioni, anche qui ci troviamo di fronte a una sola personalizzazione del materiale presente sulla moto in commercio, segnale questo di una qualità già molto elevata della dotazione ammortizzante. Unica differenza visibile che pare quasi una firma di qualità è il cerchio posteriore lavorato tra un raggio e l’altro e le pedane nere in alluminio al posto di quelle d’acciaio.
In movimento apprezziamo la posizione del manubrio che presumiamo essere quella voluta da James, non troppo caricata sull’anteriore, in netta controtendenza con la moda spagnola
In movimento apprezziamo la posizione del manubrio che presumiamo essere quella voluta da James, non troppo caricata sull’anteriore, in netta controtendenza con la moda spagnola che vuole il manubrio molto ruotato in avanti; in effetti questa apparentemente banale osservazione contiene un primo importante elemento di differenza tra la filosofia di guida inglese rispetto a quella spagnola, da una parte infatti abbiamo piloti cresciuti su percorsi sempre viscidi e senza grossi ostacoli dove la prestazione si esprime attraverso una notevole fisicità e capacità di far scorrere la moto, dall’altra invece ostacoli alti con aderenza notevole e piloti che per questo esaltano le proprie doti acrobatiche mutuando perfettamente la tecnica delle bici trial con la moto. Ecco quindi servite le sostanziali differenze di guida e di impostazione dei mezzi meccanici.
In tema sospensioni in ossequio a quanto sopra esposto, ritrovo abbinato a una notevole scorrevolezza una certa rigidità in affondamento dovuta all'idraulica e a un coefficiente elastico della molla adeguato al massiccio inglese. Una scelta indubbiamente votata a una gestione particolarmente dinamica dei movimenti del pilota, certamente non adatta ai comuni mortali. L'anteriore segue esattamente le caratteristiche appena citate con una leggera tendenza a cedere nel tratto finale di compressione; d'altra parte un telaio dalle spiccate carattreristiche di rigidità come quello della moto fiorentina necessità di sospensioni adeguatamente settate per esprimere al meglio il proprio potenziale.
Passando al motore si apprezza la prestanza di questa unità che, seppure convenzionale nelle scelte meccaniche, è in grado di sviluppare una curva di potenza e coppia di valori ragguardevoli; la carburazione sempre perfetta è gestita dall’onnipresente Kehin da 28 mm un vero e proprio must nel campo trialistico. L'erogazione è ulteriormente affinata da una gestione dell’elettronica oramai presente in modo importante anche in questa disciplina, in questa versione Race abbiamo switch con due mappature in verità molto differenti, una predilige un'erogazione della potenza graduale con una curva di coppia molto progressiva e allungo notevole, sicuramente adatta ad una guida outdoor su terreni viscidi, mentre l’altra decisamente votata al terreno secco con ostacoli alti, con una risposta molto pronta sino dalla prima apertura del gas e un allungo leggermente inferiore. Ma veniamo al test nelle tre situazioni classiche riscontrabili nel Trial.
Andrea Buschi
Betamotor
Pian dell'Isola, 72
50067 Rignano sull'Arno
(FI) - Italia
055 8348741
[email protected]
https://www.betamotor.com/
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