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Il settore delle naked di grossa cilindrata anni fa fu sconquassato dall’arrivo di una maxi nuda dall’estetica muscolosa e soprattutto dalle caratteristiche tecniche decisamente originali. Era arrivata la BMW K1200R.
Ad oggi, con la sua evoluzione che prevede un aumento della cilindrata fino a 1300 cc, e con una dose di cavalleria in più (10 CV) e soprattutto con una coppia rinvigorita del 10% spalmata dai 2.000 fino agli 8.000 giri/min, la naked tedesca rappresenta ancora il massimo dell’esagerazione nel settore delle “poco vestite”.
L’estetica non sente il peso degli anni, anzi, la personalità è rimasta quella di un tempo e le rughe sono lungi dall’apparire. Scoordinata quanto volete, sguardo strabico o ammiccante dei gruppi ottici, la K ha ancora tanto da dire dal punto di vista estetico.
Sempre più avanti
Quello che però pone la K sul gradino più alto della categoria è senza ombra di dubbio la dotazione ciclistica e soprattutto elettronica. Se con il modello precedente si erano raggiunti apici impensabili per la concorrenza, la nuova fissa nuovi e a quanto pare inarrivabili parametri di riferimento.
La regolazione, attraverso un comodo tasto posto sul blocchetto al manubrio, delle sospensioni elettroniche (sistema denominato ESA) si evolve e diventa ESA II, mentre come è avvenuto sul resto della “gamma alta” della casa dell’elica, anche la K 1300R può essere dotata del controllo della stabilità ASC, che visti i numeri in gioco per quanto riguarda peso (245 kg) e potenza (173 cavalli), è alquanto consigliabile.
Ciclistica in comune e cuore rinvigorito
La parte telaistica della Kappa è comune a quella della sorella carenata K 1300 S, con la sola differnza di una geometria della sospensione anteriore dedicata alla R, che esalta la rapidità di ingresso in curva piuttosto che la stabilità, e di un differente rapporto finale della trasmissione, naturalmente più cotro.
Il motore è sempre lo stesso quattro cilindri in linea frontemarcia dall’inclnazione in avanti, particolarità che favorisce l’abbassamento del baricentro, che grazie ad una maggiorazione della corsa (e solo in parte dell’alesaggio) ha raggiunto il limite dei milletrè cc.
Quello che pone la K sul gradino più alto della categoria è senza ombra di dubbio la dotazione ciclistica e soprattutto elettronica
Il miglioramento delle curve di coppia e potenza è stato raggiunto anche grazie a delle migliorie apportate al sistema di scarico e alla relativa valvola parzializzatrice, mentre il sistema di aspirazione e l’air-box è stato modificato.
Centosettantatrè sono i cavalli erogati dal propulsore, davvero una scuderia da record per una moto che offre solo una piccola unghia in plexiglass a protezione del guidatore.
Toro meccanico
Una volta che si è montati in sella non si può che apprezzare l’ergonomia dell’impostazione di guida. Leve regolabili, sella ampia e imbottita, pedane arretrate quanto basta e moderatamente alte: un’accoglienza da riferimento. Uno sguardo alle finiture mette in evidenza una buona cura nella scelta dei materiali, con alcune plastiche grezze che forse meriterebbero di essere verniciate, accoppiamenti precisi e verniciature ben eseguite.
Un impulso e il quattro cilindri inizia a diffondere la propria voce. Rauco e gutturale il motore non fa nulla per nascondere la natura di strappa pneumatici.
Accidenti che caratterino!
Il cambio, modificato nel leveraggio, si comporta decisamente meglio del predecessore, con le marce che entrano rapide e precise.
Se il cambio migliorato non vi basta, a Monaco di Baviera hanno un gingillo che fa al caso vostro. Già apprezzato sulla HP2 Sport e sulla K 1300S, ecco che arriva, a fronte di un leggero prelievo dal portafogli, il cambio elettronico. Tarato anche per un utilizzo non esasperato, questo dispositivo permette di cambiare senza frizione e senza chiudere il gas anche ad andature tranquille. Se invece avete velleità corsaiole o la “vena si chiude”, diventa un compagno di giochi irresistibile, permettendovi cambiate fulminee e tanto godimento.
Che cartelle…
Per cartelle intendo dire pugni, quelli che vi tira la K ogni qualvolta aprite il gas senza troppi convenevoli. La coppia disponibile praticamente dal regime di minimo, e l’allungo terrificante, continuano a schiaffeggiare il pilota senza ritegno. A mettere una toppa, evitando che il pneumatico posteriore si distrugga e che l’avantreno decolli,ci pensa il controllo di trazione.
Partendo da fermo e spalancando il gas il taglio dell’alimentazione appare fin troppo brusco, mentre già in seconda marcia l’intervento appare più filtrato.
Per i più fiduciosi nelle capacità di intervento del sistema, ci si può esibire in coreografiche virgole nere alternate da spazi vuoti (quando l’antipattinamento taglia) anche sui curvoni autostradali!
ESA II il ritorno
Impareggiabile la possibilità di intervenire profondamente sulla taratura delle sospensioni attraverso il pulsantino magico sul blocchetto elettrico sinistro.
Comfort, Normal , Sport, sono i tre settaggi di base ai quali si aggiungono le specifiche se si è da soli o in coppia, con o senza bagagli annessi. Davvero una comodità che permette in tempo reale di variare il comportamento dinamico della moto e di ottimizzarlo in funzione della strada che stiamo percorrendo.
Spinge forte e frena anche meglio
Forte di un sistema ABS dalle buone capacità, la K 1300R può contare su di un impianto frenante capace di tenere a bada sia la potenza mostruosa del motore che il peso, questo pur se ben distribuito appare sempre rilevante, e aggiungo io, presente in tutte le situazioni.
L’impossibilità di bloccare le ruote in frenata su qualsiasi tipo di superficie, mette una certa tranquillità al pilota, mentre la potenza e la resistenza sono sempre al top. Un poco di attenzione bisogna porla nell’utilizzo del freno anteriore alle basse e bassissime velocità, frangente in cui emerge ancora una scarsa modulabilità a causa dell’attacco troppo deciso del freno. Comunque ci si fa l’abitudine.
Urbano ed extra
Basta guardarla, questa K 1300R, per capire che peso elevato e passo lungo saranno d’impaccio nell’uso cittadino. E sono sufficienti pochi minuti di convivenza in mezzo al traffico per sognare spazi aperti e curve ampie. Pur supportata da un motore che è capace di girare sornione e fluido nella parte bassa del contagiri, e con una trasmissione che sopporta il ritmo trotterellante del traffico intenso, la Kappa non è prorpio agio in città. Scarso angolo di sterzo e peso elevato impacciano oltremodo, meglio scappare.
Non appena la velocità cresce e le curve si aprono, ci si presenta un’altra K 1300R. Rotonda e precisa negli inserimenti, stabile come poche altre sul veloce, la naked tedesca si sente a casa propria. Peccato per la scarsa protezione dall’aria che obbliga ad avvinghiarsi al manubrio, anche se le pedane arretrate vengono in aiuto.
Un colpetto al pulsantino dell’ESA II, ed ecco che possiamo affrontare al meglio qualsiasi percorso.
La ruota anteriore a causa della particolarità della sospensione, “trasmette” poco in termini di aderenza al pilota, in parole povere significa che non si percepisce il limite di aderenza dell’avantreno. Il limite è però talmente elevato che difficilmente ci si troverà in debito di grip!
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