Kawasaki Z 1000

Kawasaki Z 1000
Kawasaki sfida la crisi, e rinnova completamente la sua supernaked di punta. Che costerà solo 500 euro più della versione uscente
20 novembre 2009

Impatto visivo e impatto di guida

Questi sono i due principali parametri che i progettisti giapponesi di Kawasaki - con la consulenza, va detto, dei vertici della filiale italiana – hanno preso a riferimento nel creare la Z1000 della terza generazione. Terza per quanto riguarda il nuovo millennio, s’intende, rispetto alle versioni presentate nel 2003 e nel 2007. Ricordiamo, infatti, che la prima Z1000 – gemella della leggendaria 900 del ’73 – in realtà risale alla prima metà degli anni settanta. Ma torniamo al futuro prossimo, ovvero al prossimo dicembre, quando i concessionari riceveranno le prime Z1000 modello 2010, che abbiamo appena ammirato all’ultimo salone di Milano. Ci sarà dunque chi potrà farsi un bel regalo natalizio, spendendo 10.590 euro (franco concessionario) per la nuova supernaked di Akashi, che costerà quindi solo 500 euro più della vecchia.
A gennaio invece arriverà la versione con ABS, in listino a 11.090 euro
.
L’incremento di prezzo tra la vecchia (del 2007, già vecchia?) Z1000 e la nuova è modesto, se si considera che le due moto praticamente hanno in comune solo la misura degli pneumatici e quelle dei dischi freno. La differenza estetica e di sostanza tra i due modelli è quindi un vero e proprio salto generazionale, il che lascia intendere che l’ultima arrivata dovrà durare un bel po’, cosa peraltro più che logica, visti i tempi che corrono. Ma va anche sottolineato il coraggio della casa di Akashi, che evidentemente si appresta ad affrontare di petto il prossimo anno, che nonostante le svariate ottimistiche dichiarazioni di ripresa è più prudente ipotizzare quantomeno critico.
Una nota: certamente vi starete chiedendo quando arriverà la nuova Z750, derivata da questa 1000. Mai. O meglio, arriverà, ma sarà completamente differente, secondo quanto ci è stato confidato, il che può apparire strano visto che la Z750 è un modello di gran successo. Ma le due sorelle, per precise scelte di marketing, sono destinate a mantenere due personalità marcatamente differenti.

Quando si dice "tutta nuova"...

Sì, la Z1000 è davvero tutta nuova, dal manubrio (di nuova foggia, a sezione differenziata e montato rigidamente) alle ruote, elegantemente lavorate a macchina specie nella zona di congiunzione tra razze e cerchi.
Ma veniamo al sodo, e partiamo chiaramente dal nuovo look decisamente rampante, che vede una preponderanza delle volumetrie verso la parte anteriore della moto, con il musetto basso dal faro a mascherina “Z style”, i fianchi anteriori molto prolungati in avanti, con all’interno due caratteristiche bocche d’aspirazione per l’airbox e l’esclusiva, ardita scelta stilistica di carenare completamente anche la forcella. Nella nostra Gallery, tra l’altro, potete trovare uno schema che mostra la concentrazione delle masse del nuovo “Dynamic Design” rispetto alle scelte aerodinamiche delle due Z1000 precedenti.
Possa piacere o meno, la nuova Z1000 lancia una sfida estetica interessante, con quel serbatoio marcatamente alto e il meraviglioso codino affilato stile MotoGP (con fanalino a led perfettamente integrato) che personalmente mi fanno pensare a un bisonte pronto a caricare.  Bello anche il “vomere” sotto al motore, quantomeno visto da destra, dove si estende fino al maxi-silenziatore corto e tozzo, celando quasi completamente (perlomeno a moto verticale) la voluminosa camera di scarico centrale. Sui primi bozzetti il silenziatore doveva essere solitario, ma evidentemente le norme omologative, più che l’amore per la simmetria, hanno imposto di raddoppiare le volumetrie, quindi è arrivato il gemello di sinistra. Che però è privo di protezione, lasciando alla vista il tratto finale del collettore di scarico, che non è un bel vedere (come del resto non lo è il claxon piazzato sotto al radiatore. I due silenziatori non sono comunque troppo invadenti, se si osserva la moto da dietro, anche perché la maggior parte della volumetria è stata assorbita dal compensatore sottostante.
Un’altra simpatica trovata riguarda il nuovo cruscotto, completamente digitale e molto compatto: a parte il “vetro” giallo, è interessante la possibilità di ruotare l’intero gruppo in avanti o indietro, tramite un semplice e rapido sistema manuale. Da notare che il blocchetto di accensione ora è incastonato davanti al serbatoio. Quest’ultimo, nonostante le apparenze, in realtà contiene solo 15,5 litri, contro i 18,5 di prima.

Il motore

Anche lui è tutto nuovo, creato appositamente per questa moto. Naturalmente stiamo parlando di un quadricilindrico a 16 valvole etc etc, come prima. Ma la cilindrata è salita da 953 a 1.043 cc, grazie ad un rapporto alesaggio/corsa di 77x56 mm contro 77,2x50,9 della precedente Z1000 e i 76x55 del motore Ninja ZX-10R. Giusto per far capire che non ci sono attinenze. Cilindrata maggiorata e corsa più lunga rispetto ai due altri motori citati, servono chiaramente per ottenere prestazioni più corpose ai bassi e medi regimi, che sono poi quelli che si sfruttano quasi sempre nell’uso comune. Poi abbiamo nuovi corpi farfallati (ora verticali e ovali) da 38 mm di diametro anziché 36, e un notevole aumento prestazionale globale (documentato dai nostri grafici, vedi Gallery) notevole: la potenza è salita da 125 cv a 10.000 giri a 138 a 9.600, mentre il valore della coppia massima è passato da 10,21 kgm a 8.200 giri a 11,2 a 7.800. Ma è cambiata anche la disposizione degli organi interni del motore: l’albero motore e quelli del cambio non sono più sistemati a triangolo, ma in linea e più in basso, per migliorare la guidabilità. Ed è anche stato aggiunto un contralbero di bilanciamento, per ridurre le vibrazioni. Che ci sono ancora – curiosa la dichiarazione che le vibrazioni fanno parte del carattere di una moto: solitamente la si fa per un bicilindrico – ma non sono aumentate rispetto a prima, quando il telaio era in acciaio e il manubrio era montato elasticamente. Nonostante la rivoluzione, il motore non è più ingombrante di prima. Quanto alle prese d’aria per l’airbox, sono state studiate appositamente per far sentire al pilota, seduto appena sopra, una voce di aspirazione arrapante, ottenuta anche con l’aggiunta di un apposito apparato di risonanza interno (presumibilmente un risonatore di Helmotz) che minimizza il rumore ai bassi regimi, e lo enfatizza agli alti.

La ciclistica


È dunque arrivato un granitico telaio a doppio trave in alluminio, costituito da 5 parti saldate tra loro e più stretto del vecchio tra le gambe: solo simile a quello della ZX-10R, è più rigido del predecessore del 30% torsionalmente, e più leggero di circa 4 kg. Anche il telaietto posteriore ora è in alluminio, anziché in acciaio. Il motore è ancorato ad esso in 4 punti anziché tre, ma solo uno, nella parte alta posteriore, è su silentblock. Rifatto completamente anche il forcellone posteriore – pure pressofuso in alluminio, ma più corposo e rigido – con l’ammortizzatore non più verticale, ma virtualmente in cantilever, che però viene spinto posteriormente tramite un inedito sistema di progressione con due piastre triangolari in acciaio stampato (un po’ miserine da vedere, in effetti) e una bielletta verticale pressofusa. Notare, sul forcellone, il ritorno dei pratici registri eccentrici per regolare la catena, che ogni tanto Kawasaki giustamente ripropone. L’ammortizzatore ora tutto è regolabile, quindi sia in precarico che nell’idraulica in estensione e compressione. Regolazione totale anche per la forcella, con steli rovesciati da 41 mm, come prima. Invariate le quote di cannotto (angolo di 24,5° e avancorsa di 103 mm), mentre l’interasse è più corto di 5 mm (1.440).
I freni sono quasi gli stessi di prima: sono cambiate infatti solo le pinze, mantenendo ovviamente la configurazione anteriore radiale e i dischi “a margherita”.
Quanto alle gomme – da 120/70 davanti e 190/50 dietro – è strana la scelta di montare Dunlop D210 sulle Z1000D (ovvero le standard) mentre sulle E, con l’ABS, vedremo le Pirelli Diablo Rosso… 

Su e giù per le montagne


Già alla prima presa di contatto con la Z1000, ovvero salendoci in groppa per iniziare a valutarne l’ergonomia e toccacciare qua e là come i bambini curiosi (bene o male lo siamo un po’ tutti, anche se magari scorrazziamo in moto da quarant’anni...), l’ho subito trovata una moto accogliente. Intanto non si guida a braccia completamente tese, il che agevola in varie situazioni, tipo quando si zampetta per uscire all’indietro da un parcheggio, o quando non si vede l’ora di liberarsi dalla morsa del traffico, aiutati anche dal dignitoso angolo di sterzata. E poi ci si sente subito a proprio agio, con le gambe angolate il giusto e vicini all’avantreno, agevolati dal serbatoio ben sagomato ai fianchi e con la rassicurante supponenza di conoscere già perfettamente come si comporterà la moto. Anche l’ergonomia del passeggero è migliorata, grazie al piano sella meglio sagomato e all’angolatura delle gambe meno estrema rispetto alla precedente Zeta. Sotto gli occhi c’è un cruscotto full digital piacevolmente compatto, ma purtroppo con le cifre del contagiri molto piccole. I retrovisori, dal canto loro, garantiscono una visuale dignitosa. Le moto del test sono tutte dotate di navigatore Garmin Zümo, montato sulla sinistra del manubrio, per agevolarci durante il nostro giro da circa 170 chilometri che ci porterà da Malaga a Ronda passando per strade di montagna dove ci si ubriaca letteralmente di curve.
”Gentlemen, start your engine!”, usa proclamare lo starter delle gare Nascar americane: lo facciamo anche noi, e subito parte il coro di voci cupe di una ventina di Z1000 pronte ad avventarsi a caccia di curve. Il comando della frizione è sufficientemente morbido, ma all’innesto della prima da fermi ecco il noioso “clonk” che sembra inevitabile, e infatti lo è, unico difetto di un cambio che si dimostrerà comunque molto efficace. Bastano cento metri in mezzo al traffico per captare l’agilità di questa moto, dovuta evidentemente anche a un accentramento delle masse e al posizionamento del baricentro ben studiati, oltre che alle quote caratteristiche della ciclistica. Anche perché non si siede molto in alto, sulla nuova Kawa supernaked - e questo è già d’aiuto per la maneggevolezza – e si ha la netta sensazione di gestire un avantreno molto “in piedi”, tanto è sensibile alla minima sollecitazione di chi guida. Usciti dalla città e imboccate le prime curve, anche mediamente veloci, questa iper-reattività è ancora più avvertibile, basta provare a scuotere appena il manubrio per verificarlo, anche se la moto in effetti non si destabilizza affatto, e corre via precisa e stabile. Facendo strada, a passo, manco a dirlo, brillante, appare sempre più chiaro come la rigidità del nuovo telaio trasmetta fedelmente le reazioni della sospensione posteriore direttamente al manubrio. Del resto, su questa Z1000 le sospensioni sono state tarate piuttosto toniche per questa occasione: la forcella, in particolare, lavora molto bene, i trasferimenti di carico sono progressivi e ben calibrati, e l’eventualita’ di fastidiosi fondo-corsa non esiste; il mono posteriore invece è fin troppo rigido e secco sullo sconnesso, fa venir voglia di dargli una regolatina, anche perché non tutti i tester hanno lo stesso peso: ci sono i mingherlini, ma anche i più (ehm...) robusti...Però i ritmi e le tempistiche di questi test di gruppo sono sempre piuttosto rigorosi, dunque non sempre è possibile intervenire sulle tarature; e il precarico della molla posteriore a doppia ghiera, tipo racing, in particolare, dissuade subito dal proposito. Non sarebbe meglio, su una moto del genere, disporre di una regolazione a scatti, ben più facile e rapida anche per i comuni mortali?
Una salita di regime magnificamente progressiva, senza picchi netti e parecchio corposa, durante la quale si puo’ chiudere il gas, decelerare e poi riaprirlo con una spinta entusiasmante, senza dover forzatamente scalare le marce per schizzar via come si deve
La prima metà del nostro giro si svolge prevalentemente su un percorso misto stretto, con l’asfalto mai del tutto affidabile, anzi: a volte tiene abbastanza bene, ma spesso sembra di guidare costantemente sulle strisce pedonali. Di sicuro si percepisce quanto la moto sia maneggevole, per nulla faticosa e piacevole da usare, però si guida con molta attenzione, anche perché troviamo dei lunghi tratti fastidiosamente “bumpy”, pieni di ondulazioni secche. Fortunatamente c’è il motore ad aiutarci, con quella sua erogazione incredibile che sì, volendo su quell’asfalto può anche mettere di traverso la moto, ma comunque ti consente di utilizzare il gas con estrema dolcezza quando è fondamentale poterlo fare. Piuttosto trascurabile l’effetto cut-off, avvertibile solo marciando pianissimo nel traffico cittadino, ma eliminabile dosando dolcemente il gas.  Bello davvero, ‘sto motorone: con quella sua voce burbera ma rassicurante che vien su dall’airbox, come fosse il gigante buono, è capace di marciare liscio come l’olio in sesta al minimo (si può proprio togliere la mano dal gas) e poi accelerare in modo altrettanto pulito con un crescendo corposo che oltre i 3.000 giri si fa sempre più pieno, a 4.000 cambia tonalità e vigore, a 7.000 spinge fortissimo fino a 10.000 o poco più. Una salita di regime magnificamente progressiva, senza picchi netti e parecchio corposa, durante la quale si puo’ chiudere il gas, decelerare e poi riaprirlo con una spinta entusiasmante, senza dover forzatamente scalare le marce per schizzar via come si deve. 

Una salita di regime magnificamente progressiva, senza picchi netti e parecchio corposa, con una spinta entusiasmante, senza dover forzatamente scalare le marce per schizzar via come si deve

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Il cambio, usando la frizione o meno, è rapido e preciso; e la rapporta tura finale è molto corta, tanto che in sesta capita spesso di cercare una marcia in piu’: una scelta sensata, che enfatizza ulteriormente la brillante risposta del motore praticamente a qualunque regime e che ritengo giusta su una naked, che comunque già così sfiora i 250 effettivi. E qui passiamo alla voce vibrazioni: fino a circa 7.000 giri si fila via lisci, ma da lì in poi iniziano a formicolare la sella, i fianchi del serbatoio e un po’ anche le pedane. Fate conto che in sesta, a 5.000 giri indicati, il tachimetro segna 110 orari, quindi viaggiando in autostrada sui 140 (presumibilmente circa 130 effettivi) siamo quasi a 6.500, giusto appena prima delle prime avvisaglie vibratorie. Saltando al volo alla voce “protezione aerodinamica”, non è certo logico imputare a una naked pura il difetto di non riparare sufficientemente dall’aria. Sulla Z1000, comunque, probabilmente l’effetto-cuneo della carrozzeria contribuisce a deviare abbastanza il vento della corsa verso l’alto, tant’è che tenere i 130 costanti non mi è parso faticosissimo.
Insomma, questa moto così particolare ed aggressiva è sì grintosissima e molto esuberante, ma il suo bello è che sa anche essere molto più duttile e malleabile di quanto vorrebbe farci credere. Guardiamo anche i freni, per esempio, e alludiamo solo alla versione senza ABS, che al test di Malaga non era prevista: il doppio disco anteriore a margherita con pinze radiali stile racing non è affatto del tipo “basta un dito per cappottarsi”, presente su altre concorrenti e decisamente sconsigliabile ai neofiti, ma ha un approccio inizialmente morbido, per cercare di evitare effetti disastrosi in caso di frenata improvvisa a bassa velocità, mentre l’azione successiva è potente ed efficace. L’impianto posteriore è onesto, ma ha il comando piuttosto gommoso, che non rende immediato percepire il bloccaggio della ruota su fondi come quelli che abbiamo trovato nella prima parte del nostro giro.
Dopo una bella mangiata, però, abbiamo continuato il giro che ci avrebbe riportato a Malaga su una strada che amo moltissimo, dove era stata presentata la prima Z750.
Fantastico! Strada stupenda, misto da medio-veloce a molto veloce, carreggiata larga, ottimo asfalto, curve da urlo per una sessantina di chilometri...e taratura delle sospensioni che come per incanto è diventata impeccabile!
Bene, partito da Ronda ho innestato la sesta e non l’ho mai tolta fino alle porte di Malaga, nemmeno quando abbiamo incocciato un paio di TIR in colonna, quindi abbiamo dovuto rallentare molto: nessun problema, il motore ha sfoderato il meglio di sè stesso, schizzando via in ogni situazione senza mai la minima decisione e consentendomi oltretutto di tenere un’andatura tutt’altro che turistica. E la ciclistica l’ha assecondato alla perfezione, sempre: precisa, stabile e, oltretutto, con un’ottima luce a terra, tanto che raramente abbiamo strisciato a terra pedane o che altro.
Riguardo alle Dunlop D210 di serie, beh, le ho trovate generalmente dignitose, anche se il feeling con l’anteriore non è stato propriamente del tipo “mai più senza”.

 

Pregi
  • Ottima erogazione del motore | guida in generale | ergonomia | qualità della forcella | cambio efficace
Difetti
  • Inserimento della prima marcia da fermi rumoroso | vibrazioni oltre i 7.000 giri | collettore sinistro non bello da vedere
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Kawasaki Z 1000 (2010 - 13)
Kawasaki

Kawasaki
Via Luigi Meraviglia, 31
20020 Lainate (MI) - Italia
848 580102
https://www.kawasaki.it

  • Prezzo 11.090 €
  • Cilindrata 1.043 cc
  • Potenza 138 cv
  • Peso 218 kg
  • Sella 815 mm
  • Serbatoio 15 lt
Kawasaki

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Scheda tecnica Kawasaki Z 1000 (2010 - 13)

Cilindrata
1.043 cc
Cilindri
4 in linea
Categoria
Naked
Potenza
138 cv 102 kw 9.600 rpm
Peso
218 kg
Sella
815 mm
Pneumatico anteriore
120/70ZR17M/C (58W)
Pneumatico posteriore
190/50ZR17M/C (73W)
Inizio Fine produzione
2010 2013
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