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Ma chi è Alessandro Ruoso, vincitore della Coppa Del Mondo Baja 2013 per la categoria 450? 32 anni, nativo di Porcia, Pordenone, ma per la verità quasi uno sconosciuto. Quindi, forse, la cosa migliore è chiederlo direttamente a lui…
«Vengo da Pordenone, e sono sempre stato un pilota di motocross. Ho iniziato da piccolino, ho vinto qualche campionato regionale, l’Italiano e anche l’Europeo. Nel 2001 ho avuto un grosso incidente, in strada, e sono rimasto fermo fino al 2006. Ho ripreso a correre, ancora con il motocross, grazie a un amico che mi ha aiutato a ricominciare. Nel 2008 ho fatto gli Assoluti d’Italia, e un anno fa sono andato a correre gli Internazionali di SuperCross, ma quasi, ormai, per gioco. Ho fatto abbastanza bene, settimo, e poi mi sono rifermato, questa volta per altri motivi, principalmente il lavoro».
E il nuovo cambio di traiettoria?
«È stato un Team di Pordenone, l’OffRoad Motors, che mi ha fatto la proposta di provare a correre con loro, ma nell’Enduro e nelle Baja poiché loro volevano promuovere e commercializzare in Italia l’ammortizzatore Fox. E così è stato, ho accettato, naturalmente stra-volentieri, ed abbiamo cominciato. Ma stiamo già parlando di quest’anno. Partiti quasi per gioco, abbiamo vinto la prima del Mondiale, l’Itaian Baja di Pordenone. Per me era la prima esperienza. La prima volta di Enduro e dintorni. Era tutto nuovo. Visto com’era andata la prima, siamo andati a fare anche la seconda prova, e così via. Ogni volta ci siamo rimessi in gioco, sempre più seriamente. A parte la Spagna, dove abbiamo avuto un problema al motore, siamo andati bene in tutte le gare. Siamo andati avanti fino a che abbiamo vinto il Campionato del Mondo, matematicamente in Marocco, con una prova di anticipo».
Un’esperienza travolgente, dunque, meravigliosa e fulminante…
«Sì, soprattutto travolgente. Sono salito in moto, tutto era nuovo, e via, una prova dopo l’altra, un successo dopo l’altro. Meraviglioso e anche un po’ strano. All’inizio non ero neanche sicuro che la nuova disciplina mi piacesse. Invece è andata bene. Mi piace moltissimo. Mi piace la velocità, l’adrenalina che ti mette in circolo questa specialità. Sono gare divertenti, e belle tirate. All’inizio dell’anno, poi, ho avuto la fortuna di potermi confrontare con i “big” della specialità, con Botturi, con Peterhansel che io considero un monumento del nostro Sport, e gente così. Insomma, già è un piacere stare accanto a loro, poi quando magari ti capita anche di tenerli dietro… insomma, è stata un’esperienza bellissima».
E adesso?
«Adesso. Adesso mi è saltato in testa il grillo dei Rally. Ci siamo conosciuti in Marocco, dove insieme alla Baja si correva l’ultima prova del Mondiale Cross-Country Rally e… è stato amore a prima vista! Se ti piacciono la moto, la velocità e i paesaggi, ecco, quelle sono le gare per te. Belle, bellissime».
Magari dovrai imparare anche a navigare, o sai già di che si tratta?
«Navigazione? Non ho mai navigato, neanche un metro. In Marocco è stata la prima volta che avevo un GPS sulla moto, la prima volta che lo accendevo. E non dovevo navigare! Il road book? Nelle Baja anche quello non serve, lo tenevo piagato in tasca. Eh sì. Penso che il mio problema principale sarà proprio quello di imparare a navigare! Lì, già lo so, bisogna usare la testa e riuscire a trovare un compromesso perfetto. Non basta solo andare forte, guidare e guardare avanti. Lì devi pensare e avere sempre presente soprattutto DOVE sei, DOVE devi andare e DOVE stai andando».
Quindi ambizioni. Anche l’idea di mettere insieme un programma attinente?
«Piano, piano. Innanzi tutto mi rendo conto che non è che vinci un campionato Baja e ti piovono addosso offerte e contratti. Mi rendo conto del valore che può avere il Campionato che ho vinto. Ciò non ostante qualche riferimento con i piloti forti, soprattutto in Marocco, sono riuscito a fissarlo. Quindi è chiaro che mi piacerebbe riprovarci, e magari fare anche qualcosa di più. Diciamo rifare il Mondiale Baja e metterci dentro anche un paio di Rally, per misurarmi e vedere realmente dove posso stare. I confronti che ho avuto sinora sono quel che sono. Un tempo, una tappa. Ma per vedere quanto vali davvero devi confrontarti con quelli che vanno forte per sei giorni, per un Rally intero».
E che dici, ci riusciamo a varare questo programma?
«Ho capito dove vuoi andare a parare! Sì, lo so. Il dilemma è sempre il solito. Il nostro tallone d’Achille. Per il momento, a quel proposito, siamo ancora in alto mare. Addirittura non ho neanche un “porto” di partenza. Ci fosse almeno una Casa, una struttura, un rivenditore, qualcuno insomma… Tutto, per il momento, gira attorno ad uno Sponsor, che non mi consente di fare molto di più di quello che sono riuscito a fare quest’anno. Un meccanico, muoversi da solo…».
E Yamaha, la Casa cui hai regalato un Titolo?
«Quest’anno abbiamo fatto tutto con una “vecchia” Yamaha da cross, del 2010. L’abbiamo targata e via. Il problema è che in Italia, adesso, le Case mancano. E non c’è più Yamaha Italia. E, sì, ci sono delle strutture che ti fanno delle belle proposte per farti correre, solo che ti chiedono 50-100 mila euro di sponsor da buttar dentro, e allora corri. Solo che se avessi 50 o centomila euro da spendere per correre, credo che a qual punto non mi mancherebbe la possibilità di scegliere.
Ci vorrebbe qualcuno con il quale imbastire un discorso vero, mettersi insieme e progettare un percorso. Quella sarebbe la mia idea. È da capire se è fattibile e con chi metterla in pratica.
Per ora le sole proposte che ho avuto vengono tutte dall’estero. Alcuni mi chiedono addirittura di spostare la mia residenza. Ma, ti dico la verità, un po’ mi darebbe noia. Fare un Campionato del Mondo, stare davanti ma correre con un’altra bandiera, non mi farebbe proprio felice. Verrebbe da pensarci, perché ti fa un po’ rabbia… se questo Paese non riesce a darti una mano, allora… ma alla fine la verità è che mi piacerebbe ancora salire sul podio e sentire suonare l’inno di Mameli, non qualche altra canzonetta strana!».
Photo Credits: ApPhotosport