Enduro GP d’Italia. Riflessioni e commenti: Fabrizio Azzalin

Enduro GP d’Italia. Riflessioni e commenti: Fabrizio Azzalin
Altro “rampollo” di mitica genealogia, come Fabio Farioli, Fabrizio Azzalin è alla guida del Team ufficiale Sherco, in corsa per il titolo più importante dell’anno. Dopo lo “zero” di Phillips non sarebbe stato il momento per fargli delle domande, quindi gliele abbiamo fatte… prima
26 luglio 2016

Fabriano, il giorno… prima. Partiamo, con Fabrizio Azzalin, come abbiamo fatto con Fabio Farioli. Ovvero, chiedendogli quello che pensa dello stato attuale dell’Enduro mondiale.

«Diciamo che, tutto sommato, è un ambiente che “tiene botta”. Con i più e i meno è ancora un ambiente sano. Sia chiaro, adesso ci sono un bel po’ di cambiamenti in corso, per cui bisognerà vedere se abbiamo preso la strada giusta. Ma una cosa possiamo dirla: non è l’ambiente di “derelitti” descritto da altri, e non è un brutto ambiente. Anzi. Da migliorare, ma la base su cui lavoriamo è buona».

E la tua stagione, in particolare?

«Anche qui, positivo. Quella che abbiamo fatto era una scommessa che potevamo vincere o perdere, come tutte, ma soprattutto un genere di scommessa che non contempla la possibilità di un pareggio. È un po’ un limbo, anche se dovessimo finire al secondo posto sarebbe un gran risultato, ma lottiamo per vincere e lavoriamo con questa prospettiva davanti agli occhi. Ma la scommessa era anche un’altra. Il “ragazzo” è un po’ particolare, e a parte la manetta innata ha dei criteri di gestione del rapporto con la moto che sono tutti suoi. Alla Maradona, se vogliamo, o tipo Meo, ma con un carattere più tranquillo. Non dimentichiamo che Phillips arriva dall’altra parte del mondo, dove aveva una vita molto diversa, e se la settimana la passa in modo da essere contento, allora anche il week end gli va bene e il risultato lo vedi. Questo è il concetto: abitava dall’altra parte del mondo e stava bene, e deve star bene anche qui durante la settimana per rendere come solo lui sa fare anche la domenica».

Quindi bisogna riprodurgli l’ambiente dove viveva?

«No, non è questo. Non è solo il discorso della moto o del pilota, è un affare più generale, di ambiente e di stare bene in un ambiente che è gioco forza diverso dal suo. Nel senso buono, è un impegno che assorbe molto tempo, è un po’ come avere un figlio… grande. Ma ho avuto altri figli… piccoli, e so che ognuno ha le sue caratteristiche, i suoi pregi e i suoi limiti, come me e come te, ognuno ha la sua testa. Phillips è un “cavallo di razza” come Meo, con la differenza che magari l’Antonio è uno che si incazza anche per niente, mentre questo qui non si incazza mai, è bravissimo, un bravissimo ragazzo, di un’educazione formidabile».

Matthew Phillips sul podio di Fabriano
Matthew Phillips sul podio di Fabriano
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Allora è facile…

«Mai facile, niente facile. È un pilota straordinario, ma è anche un ragazzo, e vuole divertirsi, vuole avere delle cose da fare. E poi è particolare anche in questo. Non sa cosa voglia dire un preparatore, una palestra, andare in bicicletta. Il suo mondo e il suo modo di allenarsi è andare in moto, soltanto andare in moto. Matthew è un ragazzo cui piace andare in moto e mangiare. Per la moto, con Sherco, non ci sono problemi, per il mangiare bisogna stare attenti, perché gli piace molto la nostra cucina ma ha la tendenza a ingrassare. Non è difficile farlo star bene, ma bisogna dedicarsi alla missione, farlo».

Un pilota alla Merriman, insomma...

«Ma va, tutt’altro. Phillips è un pilota completamente agli antipodi. Merriman era un tipo che se non si allenava cinque ore al giorno, in bici in palestra, a correre, e non passava il resto della giornata in moto, non era contento, non era soddisfatto del suo lavoro. Phillips non si pone il problema, deve andare in moto, deve farlo bene, e lui va in moto, anche tutto un giorno. Poi basta».

Un buon ambiente, dicevamo. E le novità in campo?

«Parliamo da appassionati, perché devo dire che da appassionato il calendario che ci hanno proposto mi sembra una bella cosa. Il GP d’Inghilterra è una gara “da smanettare”, divertente, e mi trova d’accordo, la Finlandia una “classica” importante traghettata nell’Enduro. L’Enduro tradizionale è bellissimo e va mantenuto alla grande, d’accordo. Poi, se c’è la possibilità di fare qualcosa di diverso, avanti tutta, e benvenute le idee. Poi, magari, bisognerebbe fare i conti di un campionato che sarà un po’ più lungo, più costoso, e bisognerà vedere se la scelta sarà di conseguenza bene accetta. Ma comunque è una quesitone di scelte, e se quelle che facciamo oggi non fossero quelle giuste, nessuno ci impedisce di tornare indietro o di prendere un’altra direzione, o di risparmiare da un’altra parte».

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