Enduro Mondiale. Il ritorno di Ivan Cervantes!

Enduro Mondiale. Il ritorno di Ivan Cervantes!
È stato il dominatore assoluto del Gran Premio di Spagna, ed è già stato 4 volte Campione del Mondo. Ma era un po’ troppo tempo che Ivan non faceva parlare di sé in questo modo
17 maggio 2013

Punti chiave


Al termine di un lungo Purgatorio, Ivan Cervantes è tornato ad una vittoria schiacciante. In Spagna è stato il protagonista assoluto, ha conquistato una doppietta nella E2, la classe più difficile e combattuta, e ha mandato in delirio gli appassionati e soprattutto i suoi connazionali accorsi per incoraggiarlo. Già Campione del Mondo nel 2005, 2006, 2007 e 2009, è vero che Ivan ha trovato sulla sua strada Campioni memorabili, ma è anche vero che, cambiata casacca, sembrava che la fortuna gli avesse girato le spalle. Il cambio “tecnico” non era stato certamente tra i più felici, e da qualunque parte si guardasse la vicenda era chiaro che Cervantes si era in infilato in un tunnel. Per l’Enduro era un peccato. Alla fine della stagione scorsa Cervantes e KTM hanno ritrovato l’accordo di un tempo, il Pilota ha indossato nuovamente la sua maglia storica ed è risalito sulla “sua” moto, e la luce è apparsa in fondo al tunnel.


Finito il purgatorio?
«Considero che sia già passato un bel po’ di tempo da quando sono uscito dal purgatorio. È da quando, solo pochi mesi fa sono tornato con KTM al Team di Farioli ed ho ripreso gli allenamento con la mia vecchia Squadra. Appena sono risalito sulla mia moto ho cominciato a girare forte, a ritrovare i riscontri cronometrici e, soprattutto, le belle sensazioni di un tempo. Sono contentissimo, veramente».


In Spagna hai potuto contare anche sulla marcia in più del tuo pubblico, e tu sembri essere particolarmente sensibile alla spinta del tifo.
«Guarda, io ogni volta che corro una gara “parlo” con il mio pubblico. È impossibile ringraziare uno per uno tutti quelli che ti sostengono, che ti incitano, che ti fanno i complimenti e ti abbracciano. E qualcuno dice che mi piace fare un po’ di show. È vero, mi piace, ma ecco la verità: lo faccio per ringraziare tutti gli appassionati, soprattutto quelli che mi spingono avanti e si entusiasmano quando corro. È l’unico modo che ho per ricambiare. Lo faccio sempre, ed è chiaro che quando corri in casa questo aspetto del “rapporto” raggiunge la sua vetta più alta».


Temevi di aver perso qualcosa, in questi due anni di “purgatorio”?
«Ti dico la verità, qualcosa avevo perso. Non so perché esattamente, ma è chiaro che avevo perso qualcosa in termini di ritmo, di continuità. In Cile si vedeva un po’, ma poi ho iniziato ad avvicinarmi, a sentirmi bene, ad essere lì a qualche secondo dal podio, ad esserci insomma. In Spagna è andata ancora, decisamente meglio. Il sabato ero subito secondo, poi al giro successivo un po’ più vicino, Renet a pochi secondi, Salvini incalzava alle mie spalle. Ostia, che bello! Il terzo giro ancora secondo, ma con distacco azzerato. Fausto (il cronometrista di KTM) mi dice: “Siete alla pari! Magnifico”. E poi ho vinto, così, al termine di una gara sensazionale. Quando vinci è sempre bello, ma se dai un minuto ai tuoi avversari vuol dire due cose: o che sei troppo superiore, o che i tuoi rivali non esistono. E nessuno dei due casi è bello. Allora, quando vinci come il sabato in Spagna, tutto diventa bellissimo, e le sensazioni diventano emozioni impagabili. Renet è caduto nell’ultima extreme, e mi dispiace, ma la gara è stata bellissima».

 

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Gare bellissime e Campionato molto delicato, quasi appeso al filo di una battaglia sensazionale tra te, Salvini, Renet. Una battaglia rischiosa?
«La settimana prima, al Campionato spagnolo, un gruppo di tifosi mi chiede come mai, seguendo il live delle nostre gare, si è sempre sotto tensione, con il risultato che può essere scosso da un colpo di scena da un momento all’altro. Succede così. Noi, nella E2, stiamo andando molto forte, sempre al limite. E quando sei al limite sei costretto a prendere dei rischi. Se scivoli un attimo su un fettucciato non succede nulla, ma se ti succede nell’Extreme e rotoli giù, allora è un colpo di scena. Andare al limite ti avvicina all’errore. Magari a un piccolissimo errore, come inserire il rapporto giusto un attimo prima o un attimo dopo e non avere tutta la trazione. In queste condizioni di gara sono piccole cose che possono costare molto».

 
Il Campionato diventa incredibilmente “tirato”… e se il rischio produce i colpi di scena, è vero anche che fa vedere cose dell’Enduro che non si erano mai viste.
«Sì, certo. Praticamente, basta pensare che siamo in quattro che stiamo lottando per un qualcosa che non ammette discussioni, il Titolo del Mondo. C’è Renet, che è Campione in carica, c’è Aubert, che quando va fa paura, c’è Salvini che è stata la sorpresa di questa stagione, e ci sarebbe anche Knight. E poi ci sono anche io. Siamo in quattro/cinque su un livello molto alto, siamo tutti vicinissimi e siamo “costretti” a dare il 100% dall’inizio alla fine della giornata di gara, dell’intero Gran Premio. Rischi di cadere o di rompere, certo, ma “rischi” anche di far vedere il meglio di te e di questo Sport magnifico!».

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