Gran Premio Acerbis d’Italia. Mr. Franco

Franco Acerbis è Mr. Franco, o viceversa. Franco ha attraversato la Storia dell’Enduro, del Moto Club Bergamo, della Valli Bergamasche, della Dakar e del Mondiale. Anzi, è entrato in tutte queste e altre mille Storie… e non c’è mai uscito
18 giugno 2019

Rovetta, Italia, Qualche Giorno Prima. Franco Acerbis. Mr. Franco. Non cadrò mai nella trappola di descriverlo, di spiegare chi è, come è, che cosa ha fatto Mr. Franco. Sarebbe il peccato mortale dell’arroganza. Tutti sappiamo chie è Franco Acerbis.

A seguire, dunque, qualche storiella autografa della sua vita da “valligiano” dell’Enduro.

Valli Bergamasche. Moto Piccole. “Cerano, una volta, due fratelli. Duccio e Levo Reggiani. Imprenditori. Appassionati. Erano riusciti a far venire degli stranieri a disputare una gara basata sulla regolarità nelle nostre Valli. Li invitavano e offrivano loro ospitalità principesca. Ecco perché la Valli è partita subito bene. Era il dopo guerra. Regolarità, niente picchi di prestazioni. Regolarità. Media, costanza. Si usavano le piccole Moto, le utilitarie delle due ruote. L’importante era girare a zero, e ci riuscivano meglio le Moto piccoline. Leggerezza, potenza adeguata, facili da tenere in discesa, meno difficili da spingere in salita. Un po’ come al Rallye Monte-Carlo. Quando vincevano le Mini Minor e si facevano un sol boccone delle grandi Citroen. Più o meno per le stesse ragioni. Il mito è anche questo. Le Valli, l’attraversamento dei Paesi. La Corsa, la festa. Non c’erano molte attrazioni, allora. Se non c’era la Valli era isolamento assoluto. E poi la Moto piccola contro la grande, Davide contro Golia. Questo è uno dei primi miti della Valli bergamasche.”

Scenario eroico. "La Valli è partita con pochi Piloti. Si è arrivati alle centinaia, rapidamente. Se vedi le vecchie foto, sono eroiche, ma lo scenario che si nota è modesto, umile a tutti i livelli. Eppure la passione traspare evidente. Così come l’attaccamento della gente. DSa subito è stata un evento importante. Mi ricordo che negli anni sessanta l’Eco di Bergamo dedicava almeno due o tre pagine alla Valli. Percorso, profilo dei Piloti, formule e regolamenti e moto italiane come la Morini, la Gilera, la Devil, la Capriolo, e la Guzzi etc…. Tutto. Le grandi notizie erano sempre quelle che riguardavano gli stranieri. Soprattutto le Moto straniere, vent’anni di dominio straniero, Zundapp, Java e così via. Bello, però. Le Fabbriche venivano a Bergamo a cercare i Piloti locali a cui affidare le loro Moto. I nostri migliori Piloti diventavamo Ufficiali. Era un sogno, il sogno che qualsiasi ragazzino delle nostre Valli, purché bravo, potesse diventare Pilota ufficiale. Ed erano bravi, sono sempre stati bravi i nostri Piloti".

L’esplosione degli anni 70. “Quando, negli anni settanta, c’è stata l’esplosione dell’Enduro, allora la Valli Bergamasche è diventata qualcosa di davvero più importante. Un riferimento. Con la crescita economica la Moto non era più solo un mezzo di locomozione, cittadino o campagnolo per necessità. Il Fuoristrada è entrato nel cuore degli appassionati, e chi ha fatto Fuoristrada sa che genere di passione sia, che senso di libertà. Prima un sentiero lo facevi a piedi o… a piedi. Con le Moto da Enduro salite e discese diventavano un divertimento appassionante. Con la Moto esploravi la tua terra, salivi sulle tue Montagne e scendevi fino nei letti dei fiumi del fondovalle. Albino-Selvino. Un sentiero che si fa a piedi. Lo si faceva per “turismo”, ma il turismo di allora non era quello di adesso. Si faceva una passeggiata, si passava una mezza giornata. Magari non c’erano i soldi per la macchina e per la vacanza, e allora c’era Albino-Selvino. Così non era ancora una gara, ma c’era già pronta una sfida. La sfida del paese!”

Bicicletta e Moto. “Si andava in bicicletta, o si andava in Moto. E tutte e due le “specialità” erano un mezzo, un divertimento, e anche uno sport. Certo, per fare della bicicletta uno sport dovevi allenarti, curare l’alimentazione, la preparazione. In Moto no, si andava anche in un modo molto più istintivo, disimpegnato, spontaneo. Senza grandi allenamenti e senza una particolare attenzione “salutista” si andava a fare la Gara. Vantaggio divertimento, nettissimo.”

Fuoristrada e Ambiente. “Tutti noi siamo ambientalisti. Basta che non vengano a toccare la mia caldaia, la mia automobile, il V8 o la malborina. È facile considerare un fastidio qualcosa che non ti prende, che non ti appassiona. Se non hai una passione è più facile. O più difficile. C’è un po’ di egoismo in questo. Uno ama le bocce ed è tutto perfetto. Non gli piace la moto e non va bene. Non essendo tutti Motociclisti, e magari avendo fatto qualche impennata di troppo… ma questo era tanto tempo fa, oggi non ci sarebbe motivo di prendersela. Poi siamo diventato sempre più difficili.
Ricordo che quando ero bambino le campane suonavano a tutte le ore. Nessuno si lamentava, anzi. I rintocchi ti dicevano l’ora, anche di notte, c’era un senso d’identità. Adesso alle dieci di sera si spengono, e la prima scampanata non è prima delle sette e mezza del mattino. Poi succede che qualcosa va storto. Sei ambientalista, non sopporti le Moto, guerra alle Moto. Ma ti nasce un figlio e gli piace la Moto…
L’ambientalista, l’innamorato della natura. Il puro. Ne conosco uno solo. Mitico. Göran Kropp. Voleva fare l’Everest. È andato in Nepal. In bicicletta. È arrivato sin laggiù, ha scalato l’Everest e al campo base c’è arrivato con la sua bici speciale. Missione compiuta. Quando si è trattato di rientrare, niente aereo. È risalito in bici ed è arrivato a casa. Si è saputo. I suoi compaesani gli sono andati incontro per centinaia di chilometri per accoglierlo trionfalmente, nella sua terra, la Svezia!”

Valli e Turismo. “C’è una cosa che mi ha sempre fatto riflettere. Grazie alle nostre Gare, alla nostra attività, alle nostre Moto e alla nostra passione, ci sono molti che tornano e torneranno sempre nelle nostre Valli. È un loro ricordo, di un’impresa, di un divertimento, di una Terra. Si son affezionati a itinerari, percorsi, i nostri paesini e le nostre Montagne. Non appena si presenta l’opportunità, ritornano. E se noi riusciamo a mantenere intatta la nostra natura, torneranno ancora, moltiplicati. Le nostre Valli non sono per natura turistiche in senso tradizionale. L’internazionalità della Valli Bergamasche è un’attrazione che riporta innamorati da tutto il mondo. Ritornano e tornano giovani.”

San Pellegrino. “Sulle Valli sei coinvolto fin da ragazzino. Io un poco più tardi. Sei Giorni. 1968, avevo 22 anni. Andavo a vedere le Moto, ma non venivo dalle Moto. Improvvisamente mi sono appassionato. Hercules, Zündapp, Jawa. Come oggi una Porsche. O hai i soldi, o non ce li hai. Non ce li avevo, ma decido lo stesso di comprarmi una Moto. Vado da papà Dall’Ara, lo ringrazio ancora. Era distributore di Morini a Bergamo. Vado giù da lui e gli dico che ho 30.000 lire. Un decimo, un quindicesimo, non ricordo. Va bene, mi dice, il resto me lo dai pian piano, quando puoi. Dovevano essere 15 mesi, qualcosa del genere. Un impegno enorme, segretissimo in casa. Ho lavorato giorno e notte finché non l’ho pagata. Largo anticipo sui tempi. Insomma, esco dal Concessionario con la mia Morini fiammante. Un particolare. Non sapevo guidare. Non esisteva minimo, si spegneva. Dopo qualche semaforo ho capito che avevo fatto almeno sei chilometri a piedi. Non volevo far brutta figura quando scattava il verde. Poi sono finiti i semafori, sono partito e sono riuscito ad arrivare a casa. Via sulle montagne, incontro un Club, uno che si chiama Gritti. Mi aggrego. Ero bravo, credevo. Dopo tre settimane primo ospedale.”

Jawa, Zündapp, MZ. “Quelle Moto erano avanti anni luce. Tecnicamente erano un sogno. No, in tutti i sensi erano un sogno. Erano il nostro sogno. Un bene e un male allo stesso tempo. Con le loro moto, gli “stranieri” vincevano tutto. Noi poco. Così quando un giorno vinse uno che di nome fa Gritti è esploso il fenomeno, la nostra Regolarità, il nostro modo che si chiamava Farioli, le KTM che si chiamavano Penton. Un livello di qualità agonistica e un esempio per i nostri ragazzi. Incredibile! Abbiamo iniziato a vincere, intendo anche in Terra loro, Germania, la Repubblica… così, sai, le Moto è come la vita. Se continui a prenderle ti viene male, ma il giorno che sollevi la testa e inverti la tendenza, allora inizia un’altra storia.

Noi venivamo anche da situazioni non belle, il dopo guerra, la serie B agonistica, a parte la velocità grazie a un signore che si chiama Agostini. In quel periodo abbiamo iniziato a diventare un punto di riferimento. Puoi immaginare cos’era l’entusiasmo! E qui, sulle Valli, il matrimonio era bellissimo. Il problema è sempre stato il turismo. Da noi arrivava un turismo, diciamo, un po’ attempato, tradizionalista. Per quell’idea il turismo in montagna era pace e tranquillità, e nessun disturbo. Immagina te! Lì è nata una parte importante della nostra filosofia. Avevamo capito, e allora cercavamo di utilizzare dei sentieri alternativi, meno agevoli, magari persi, possibilmente mai gli stessi. Alcuni di quei sentieri sono ormai abbandonati, molto è cambiato. Dire “no” è più facile. Noi spieghiamo, cerchiamo di far capire con i fatti.

Andiamo, ripuliamo un sentiero antico abbandonato, lo riportiamo alla vita, ci facciamo un po’ di Enduro. Per noi una valletta abbandonata e piena di rovi e di sterpi diventa un eden. Abbiamo inventato una specie di task force. Otto volontari, un camioncino, qualche attrezzo e partiamo il lunedì dopo la gara. Ripuliamo, sistemiamo tutto quel poco che abbiamo danneggiato, ripristiniamo. Che poi è qualche sasso che da destra va a sinistra e viceversa un altro che da sinistra va a destra. Un badile e un piccone, e poi possiamo andare in Comune e ci ascoltano. Ci metti magari anche un po’ della nostra allegria e non dico che diventi una festa, ma qualcosa che è sulla strada dell’aggregazione. Succede anche di più. Ormai la Squadra la conoscono. Talvolta ci chiamano loro. Ci dicono che c’è da ripristinare in quel tal posto. Va bene, andiamo, ripuliamo. Solo che da lì noi non ci eravamo mai passati! Si è creata un po’ questa tradizione. Frana un pezzo di montagna, esce un fiume, crolla un sentiero per la pioggia. Sono stati i Motociclisti. Ma sì, noi andiamo lo stesso. Sono le nostre Valli. Che poi bisogna sapere che la natura si mette a posto da sola, per questo genere di piccoli danni. Non siamo certo noi quelli dei disastri ecologici.”

Presidente. “Sono arrivato alla presidenza del nostro Moto Club dopo l’esperienza dei miei Incas Rally. Prima lo frequentavo, ma non ero nel gotha. Sai, io vengo dalla provincia, e quei signori là erano soprattutto cittadini. Insomma, non ero inserito, e avevo già la mia vita, le mie quattro plastiche, SWM, eccetera. Quindi cosa succede? Vado in Perù e mi porto un centinaio di volontari del Club. È così che hanno cominciato a scoprire che il Franco non era solo quello che fa la plastica, ma uno che gestiva, organizzava e via dicendo. Era un momento in cui il Moto Club Bergamo era un po’ apatico, era in atto un cambio generazionale. Insomma, era un momento di transizione e successe che quei volontari venuti con me in Perù abbiano messo in moto la mia campagna presidenziale. Non è finita. Succede che c’è una disputa tra un paio di personaggi, il mercato delle Moto era esuberante ma il Club un po’ antico, insomma tutto spinge nella mia direzione. Me lo chiedono e divento Presidente.

Mi aggrego al Gatti e nasce una bellissima esperienza. Finito il mandato basta, avevo altre visioni, tipo il Nevada Rally negli Stati Uniti, e mi rendo conto che per guidare un Club devi starci dentro, devi seguirne anche la quotidianità. Perciò, conservando tutto il mio affetto, ho declinato l’offerta di un secondo mandato. Con Gatti è stato un capitolo molto bello e di grande sintonia. Lui si è preso la briga di diventare presidente dopo di me. Era logico. Ma ci sono, resto dentro, ce l’ho dentro. Sono consigliere.”

Gatti. Andrea Gatti. “Andrea Gatti è arrivato all’Enduro e al moto Club Bergamo quasi per caso. Ce l’ha messo dentro Arnaldo Farioli. C’era bisogno di uno che sapesse far di conto, e Arnaldo decise che questi sarebbe stato Gatti. Andrea è entrato dalla porta di servizio del Club ed è stato Presidente per un quarto di secolo. Un asso a livello organizzativo e di gestione finanziaria del Moto Club. Tra attività, gare, Piloti, manifestazioni, Mondiali, Andrea è sempre riuscito a chiudere senza perdite. Tenere insieme i personaggi di un Moto Club! Sfido chiunque a saperlo fare meglio di Gatti. Andrea è sempre riuscito a far quadrare i bilanci. A un certo punto sembrava quasi una cosa ovvia che ci riuscisse. Un problema? Gatti! Quando vivi solo di passione, il rischio che sbagli, che tu prenda un granchio e spenda sbagliando, che ti indebiti, è molto alto. E allora? Gatti! Se sei meno appassionato, ci metti altri valori, e Gatti vede l’organizzazione come un elemento di metodo. L’amore non sempre è la tutela delle cose migliori. Gatti ha una cultura, e una professione. Sa cosa si deve fare. Ha sempre fatto quadrare i conti. Ha ricevuto anche delle critiche, ma è stato Presidente per una vita. Oggi c’è Giuliano Piccinini. È il nuovo Capitano. Viene da un Moto Club attivo, è un endurista, ha un figlio giovane e appassionatissimo. Padre e figlio hanno caratteristiche un po’ diverse e complementari. Sono una forza, e ora affrontano la loro prima esperienza alla guida di una “Valli”. Il battesimo del fuoco del Gran Premio d’Italia EnduroGP.”

Moto Club Bergamo. "Non a caso è un grande Moto Club. Era un club cittadino, ma si è evoluto legando tante altre realtà. Sono nate le sezioni. Era giusto, ogni piccolo paese ha le sue caratteristiche culturali, le sue passioni specifiche, anche le sue ambizioni. Da una parte sono bravi a fare il Motocross. Lo fanno loro. Di là sono bravi con i bambini. A loro la crescita delle nuove leve. Quelli sono dei mostri di organizzazione. Vai, pensa te al Mondiale e tutti gli altri ti danno una mano, te invece agli eventi di contorno. E il Moto Club è lì. È anche una questione di indole. Ci sono sezioni che son bravissime a fare le speciali. Prendono un Pilota, bracciate di paletti, allegramente si fanno disegnare e delimitano il percorso. Possono starci tre giorni, e tre notti e neanche se ne accorgono. Se gli dici di andare a pagare un bollettino hanno sempre da fare, o se ne scordano, o peggio ancora ti dicono di andarci tu! Autonomia e aggregazione, e il Bergamo lì, aperto tutta la settimana, per il grosso delle operazioni più difficili. È un sistema, una filosofia. Ha dimostrato di funzionare egregiamente. Siamo insieme da cento anni. È anche una forza, non perché siamo tanti, ma perché sono tanti quelli che sono attivi, che hanno capacità e passione.”

Mr. Franco

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