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Da sempre protagonista di spicco dell’Enduro e della sua evoluzione, quando non puro artefice, il nome “Farioli” è un po’ come la parola d’ordine di questo Sport. C’è stata un’epoca in cui l’Enduro italiano era l’Enduro di tutto il Mondo, e nella quale i nomi di KTM e di Farioli si fondevano in un’unica realtà indissociabile, anche sotto il profilo del management dell’azienda austriaca. Oggi questa matrice è chiaramente visibile nell’attività sportiva della squadra ufficiale dell’Enduro diretta, oggi come allora, da un… Farioli. Prima era il “patriarca” Arnaldo, oggi suo figlio Fabio (ma, immagino, sotto l’attenta “sorveglianza” del papà). Fabio Farioli, oltre a dirigere la squadra che ha vinto più di tutte, è stato egli stesso Campione del Mondo e ha vissuto attivamente ogni lato dello sport che è l’emblema della Famiglia. Dalla famiglia al Marchio, c’è da sottolineare che anche Husqvarna è recentemente entrata nell’orbita del Gruppo austriaco, rilevando il posto che era stato di Husaberg ma con un ben più forte impatto, originato in una tradizione centenaria che è forse l’elemento con la maggiore forza di immagine dell’intero Gruppo.
Con l’entrata sulla scena dell’Enduro Mondiale della “nuova” Husqvarna, adesso sotto un certo aspetto il centro del Mondo dell’Enduro può essere fissato a Mattighofen. In realtà, pur dipendendo da una sola “volontà”, al momento entrambe le squadre ufficiali godono di una notevole autonomia, e alimentano un confronto genuino che è un gran bene per l’Enduro Mondiale. Di fatto, d’altra parte, se c’è un nome che può fare la voce grossa in quell’ambiente, è proprio quello di KTM, ed è quindi quanto mai opportuno dare un’occhiata, intanto dalla voce “pacata” di Fabio Farioli, all’immagine del Pianeta visto attraverso la lente del Gruppo.
Allora, Fabio, ci interessa sapere qual’è la tua idea sul futuro dell’Enduro.
«Che noia, che barba. Scherzo. Il futuro dell’Enduro. È lo stesso pensiero che affligge tutti. Come KTM, e quindi mi permetto di parlare anche per Husqvarna, visto che al momento non c’è un referente e perché so che la politica è unica e comune, sicuramente stiamo spingendo per avere un Campionato del Mondo unico. Inutile avere un Campione Extreme e un Campione Enduro, moltiplicati per le varie classi e categorie. C’è stata una riunione con i vertici delle Federazione Internazionale, in occasione della quale abbiamo resa manifesta l’intenzione di KTM, che penso che sia una cosa giusta. Sosteniamo l’idea di avere un Campionato, magari su un numero maggiore di Prove, dodici-tredici in luogo delle attuali otto che diventano immancabilmente sette, in cui ci siano anche due-tre prove di SuperEnduro, due o tre classiche come Zschopau o l’Erzberg, faccio dei nomi a caso, e due-tre prove di GNCC americano. Nomi e circostanze a caso, e al netto di verificare le condizioni regolamentari degli eventi e lasciando stare altre classiche come Hell’s Gate o Romaniacs, o Sea to Sky. Vorremmo veder realizzato, insomma, un Campionato vero, unico, dal quale scaturiscano i nomi di Campioni di Enduro “veri”, universali. Non penso che sia un progetto facile da realizzare, anche perché non è recepito dai dinosauri della federazione internazionale, sono pochi quelli attivi ma quelli che comandano sono davvero retrogradi, che non hanno ancora capito che le Case vogliono cose diverse. La nostra idea è questa. Sarebbe bella e sono sicuro che ne trarremmo tutti un grande giovamento. Non ha senso andare a correre un SuperEnduro in Messico, con pochi Piloti e pubblico zero, così come non ha senso non andare in Brasile dove è pieno di gente, o andare a correre a Jerez della Frontera davanti a nessuno. Ci sarebbe da fare una cernita seria e stabilire quali sono gli eventi migliori».
Se si realizzasse un progetto del genere, ci sarebbe da pensare seriamente anche ad una ristrutturazione delle vostre Squadre ufficiali, oggi divise e iper specializzate?
«Ovviamente sì, anche se pian piano ci stiamo comunque muovendo in questa direzione. A partire dal Super Enduro, per esempio, saremo a noi a gestire la Squadra dell’anno prossimo. Personalmente non la vedo come una cosa facile, perché è un lavoro completamente differente da quello che siamo abituati a svolgere. Non so dirti se sarà facile o difficile, ma non ci spaventiamo. Se dovesse essere così, toccherà al Pilota imparare ad essere più veloce anche in altre situazioni diverse da quelle che gli sono più congeniali o abituali. Un Pilota di Enduro dovrà imparare ad essere veloce nel SuperEnduro, e viceversa».
In questo caso, avendo voi una Squadra per l’Enduro, una per il SuperEnduro e una per il GNCC, dovreste strutturarvi diversamente e costruire una sola Squadra per tutti gli impegni, con una riduzione dell’”organico” attuale a quel punto ridondante?
«Sicuramente sì. Magari una Squadra con cinque Piloti invece di tre, faccio sempre per dare un esempio, ma più centrale e con Campioni più eclettici, completi, più bravi complessivamente a coprire tutti i differenti aspetti del buon Enduro. Adesso il problema è che abbiamo impegni sdoppiati, triplicati. Una Squadra per specialità, talvolta impegnata su due diversi fronti come il Super Enduro e le classiche dell’Estremo».
Un’idea che, se realizzata, porterebbe molti cambiamenti. Molta carne al fuoco, insomma. Vi siete di conseguenza dati delle scadenze, o avete intenzione di imporle?
«Scadenze sicuramente no, si parla e si propone nell’intento di smuovere finalmente le acque, però alla fine, se nel giro di un tempo accettabile non ci saranno dei cambiamenti, KTM potrebbe prendere l’iniziativa e decidere drasticamente, magari riducendo la Squadra dell’Enduro e rinforzando quella del SuperEnduro, o viceversa, o limitarsi a schierare due Piloti da una parte e due dall’altra».
Quale è, in questo momento, il vostro interlocutore più importante, la Federazione o il Promoter?
«Il Promoter, al momento, ha le mani legate e deve stare alla finestra. A lui, in fondo, la vita cambierebbe di poco. È la Federazione Internazionale che, ripeto, si ostina a chiamare in causa i regolamenti, le lamentele, certe richieste come quella di avere delle gare più dure. Perché no? Basterebbe farne quattro cinque molto bene, ed alternarle ad altre tre di SuperEnduro, due classiche e due GNCC, e organizzare un Campionato davvero completo con una dozzina di gare. Che non sono certo le diciotto del Motocross. Questa sarebbe, a mio giudizio, la soluzione che farebbe tutti felici, le Case da subito ma anche la Federazione».
Tornando un attimo sul Mondiale di Rovetta e sulla tua Squadra…
«Questo Gran Premio è una garanzia. Organizzazione impeccabile, del Bergamo e dei Moto Club “satelliti”. Bergamo è la patria dell’Enduro, ci siamo noi, Acerbis, Airoh, Scoprion Bay ed altre aziende. C’è KTM e c’è KTM Italia, adesso anche Husqvarna Italia. Qui c’è la tradizione e la gente risponde, ed è una cosa che anche chi è venuto a Rovetta per la prima volta ha notato. Diciamo anche che l’abbinamento con il Motor Party è particolarmente riuscito. Della nostra Squadra? Alti e bassi, per fortuna più alti che bassi. Meo che vince con un minuto di vantaggio o perde per pochi secondi, Phillips che a Rovetta è stato impeccabile, speriamo che abbia esaurito i suoi bassi e che abbia d’ora in avanti solo alti, Nambotin che, invece, soffre. Il legamento rotto lo fa soffrire. Non lo da a vedere ma ti accorgi da certe sue espressioni che è sofferente. Non è lui, e poi subentra anche il fattore psicologico, perché Remes ha iniziato ad andare veramente forte. Ma il Campionato è lungo e penso che ne vedremo ancora delle belle, e poi i nostri ragazzi sono dei fuoriclasse e bisogna aspettarsi che possano tirare fuori il coniglio dal cilindro!».