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Momento delicato, quello in cui si entra nel clou di una svolta storica… possiamo fare il punto della situazione, per favore?
«Bah, svolta storica… non direi che il momento sia propriamente storico. Comunque il punto sì, lo possiamo fare. Sono state disputate dieci giornate di Mondiale, e ne mancano 4 alla fine. Guarda, obiettivamente penso che quella ottenuta in Romania sia stata la vittoria più bella della stagione. Perché è arrivata in un momento certamente cruciale, e perché è un segnale, per gli altri, che ci sono. Ho consolidato la leadership del Campionato, e non è male presentarsi agli ultimi due appuntamenti della stagione con 26 punti di vantaggio. Fossero stati la metà, o ancora meno, sarebbe molto diverso. Comunque non voglio pensare al Campionato fino alla Francia, fino all’ultimo GP. Manca ancora la Grecia, intanto, e come ho detto dall’inizio della stagione, non penso al successo finale ma piuttosto a vincere giornata dopo giornata. Penso di averlo dimostrato anche in Romania. Se avessi pensato al Campionato potevo, diciamo, amministrare un po’ di più, ma non penso che sia il modo giusto di correre in questo momento. Certo, se devo rischiare tanto non mi metto nelle condizioni di farlo, però voglio comunque dare il meglio di me in ogni gara. Anche perché ritengo che se iniziassi a pensare a risultato finale, allora sì che mi caricherei di tensioni. Adesso non lo voglio fare».
Hai scelto dunque di continuare a correre per vincere, come sai fare e come hai fatto molte volte in questa stagione. Vuoi dire che pure in presenza di un obiettivo più grande riesci a correre per il risultato del giorno?
«Ma sì. Sicuramente c’è qualche tensione in più, ma per il momento non la sento. La settimana prossima abbiamo già un altro round, e quella credo che sarà la svolta del Campionato, perché sapremo molto più precisamente dove stiamo andando. Però io vado in Grecia per provare a vincere le giornate del Gran Premio. Non posso pensare di andarci per fare da comprimario, questo sì sarebbe pericoloso. Non sono mai stato abituato a correre in difesa, e non voglio iniziare adesso. Cambierebbe il mio modo di correre e anche di essere. Corro bene quando spingo forte, e mi diverto quando faccio così».
È più divertente guidare e vincere, o guidare e avere la consapevolezza di crescere?
«Sono due cose diverse, una dell’immediato e l’altra che si prolunga nel tempo. Quando riesci a unire entrambe le sensazioni, beh, è perfetto. A me è capitato molte volte quest’anno, e direi che è il massimo. Guidare, divertirsi, vincere, crescere. È la cosa perfetta. Poi capita che vinci e non ti diverti tanto, che perdi ma ti sei sentito bene sulla moto, e anche che perdi e non ti sei divertito proprio. In Spagna, per esempio, ho perso e non mi sono divertito. Le Speciali erano brutte e Ivan Cervantes era più forte. Non mi sono divertito, ma non ho avuto rammarichi, perché è stato più forte lui, come lo è stato sabato in Romania Johnny Aubert. Beh, io ho fatto un po’ di errori e forse avrei potuto giocarmela anche lì, ma no, non è questo il modo di pensare. Diciamo solo che in quest’ultima occasione ci ho messo una pezza, perché era facile anche finire quarto, e forse sarebbe stata davvero un’altra cosa. Finendo secondo comunque mi sono tenuto perfettamente in corsa, e non ho fatto di quei regali che poi sono difficili da digerire».
Insomma, non ostante una grande evoluzione e un momento che è senz’altro cruciale, è tutto sotto controllo?
«Beh, dire che tutto è sotto controllo, per noi che facciamo Enduro, è una cosa un po’ difficile da esprimere con tranquillità. Perché di perfettamente sotto controllo non c’è proprio nulla. Magari cerchi di stare al 90% per non fare errori, ma anche in quel caso, dire che si ha la situazione sotto controllo è un po’ un’esagerazione».
Puoi almeno rassicurarci del fatto che questo “cambiamento di stato” non ti toglie il sonno?
«No, no, io la notte dormo benissimo. Se c’è un “cambiamento di stato” mi fa piacere, è inutile negarlo. Io ho lavorato duro in passato, e continuo a farlo anche adesso, forse di più, perché volevo e voglio vincere, non arrivare quinto o sesto. Alla fine ci sto riuscendo e sono molto contento. Niente da nascondere, probabilmente sarei già stato in grado di farlo prima. Due anni fa me la sono giocata qualche volta molto bene con Mika Ahola, e l’anno scorso ero a posto a livello di velocità, ma faticavo un po’ con il 310. Finalmente, credo di aver trovato quest’anno la quadra, e con questo di aver dimostrato, non ostante nessuno se ne sia mai accorto, che anche negli anni passati non ho lavorato per niente o male».
Certo, devi però ammettere che quest’anno comunque una dose di sorpresa ce l’hai fornita tu stesso.
«Sì, lo credo anche io. Una cosa è avere la velocità, un’altra poter competere per vincere un Campionato. Per essere Campioni del Mondo credo si debba essere non solo veloci, ma anche intelligenti, equilibrati, e soprattutto capaci di esserci in ogni tipo di situazione. Non è semplice. Io non sono ancora Campione e non so se lo sarò, ma lavoro per quello, e la cosa più importante per me è non avere da recriminare per non aver dato il massimo».