OiLibya Rally Marocco. Camelia Liparoti: la Dakar passa da Erfoud

OiLibya Rally Marocco. Camelia Liparoti: la Dakar passa da Erfoud
Unica italiana in gara, Camelia Liparoti corre su uno dei 4 quad all’OiLibya del Marocco. Titolo di Campionessa del Mondo “quasi” in tasca, la franco-livornese corre con il pretesto di rifinire la preparazione per la Dakar | P. Batini, Marocco
7 ottobre 2014

Punti chiave

Zagora, 6 Ottobre. Le prima tappe sono andate bene. Non troppo, potevano andare meglio, ma il Rally del Marocco che Camelia Liparoti sta disputando, con un quad Yamaha “Raptor” 700, serve anche per ottenere le ultime informazioni sull’efficienza dell’allestimento del “quadriciclo” in vista della Dakar. La moto va bene, ma alcuni dettagli che Camelia credeva di aver migliorato si sono rivelati inefficaci o addirittura inidonei, per cui al bivacco i suoi meccanici lavorano anche per ripristinare le “vecchie” soluzioni. Non sono molti i Quad in gara al Rally del Marocco, soltanto 4, per cui la concentrazione massima può essere indirizzata proprio all’importante lavoro di rifinitura del mezzo, che è abbastanza complicato, soprattutto in considerazione degli accorgimenti di cui ha bisogno per affrontare la durezza della Prova che lo attende. C’è anche un altro “particolare” da collaudare, e cioè la struttura del suo Team. Sì, perché alla prossima Dakar Camelia parteciperà con la SUA struttura.

Camelia. Intanto come sempre siete in poche, al Rally
«Poche, sì, ma buone. Siamo sempre qua e non abbandoniamo mai».

E perché sei venuta al Rally del Marocco? Qual è il tuo obiettivo?
«Il mio obiettivo è naturalmente quello di fare una bella gara. Nel Campionato del Mondo sono in testa, e dovrei farcela anche quest’anno. Ho cinque punti di vantaggio e spero proprio di riuscire a mantenerli».

Già dalla prima tappa ti sarai resa conto del tipo di fatica che ti attende?
«Per la verità ho visto qualcosa già prima, che mi ha fatto capire che questa edizione del Rally del Marocco sarà senz’altro difficile e, probabilmente, molto impegnativa. Ha piovuto nelle aeree che attraversiamo, e qui i temporali a volte sono fortissimi e devastano il terreno, che è piuttosto fragile. Si creano canali e vere e proprie voragini. Certamente bisognerà stare sempre molto attenti, e certi passaggi che sulla carta potevano essere semplici possono essersi trasformati in piccole trappole infernali. Ma è così, c’è sempre qualcosa di imprevedibile nei Rally. Anche questo è un aspetto che mi piace».

Rally del Marocco, Campionato del Mondo, Dakar. A cosa pensi di più?
«Alla Dakar, sempre. E non appena ne finisce una, si inizia a pensare a quella successiva. Non c’è quasi pausa, e io vi concentro gran parte delle mie energie per quasi tutto l’anno. Per la prossima edizione avrò la mia Squadra. Il mio quad, il mio camion i miei meccanici. Tutto mio. Quindi c’è da lavorare anche per organizzare tutto questo, e non siamo ancora pronti».

A che punto siete?
«In questo momento stiamo lavorando moltissimo sul camion di assistenza. Anche quello deve affrontare 8.000 chilometri, e non dei più facili che uno possa immaginare. Per il venti di novembre tutto deve essere pronto. Quel giorno imbarchiamo tutti i nostri mezzi a Le Havre, e li riprenderemo a Buenos Aires alla fine dell’anno».

Beh, ormai sei in dirittura d’arrivo
«Il difficile è proprio quello. Lo si crede, ma non è mai così. È necessaria un’incredibile cura dei dettagli. I dettagli sono una vera infinità, e sommati si divorano il tempo. Lavori tanto e sembra che non basti mai. Ma poi, all’improvviso, abbiamo imparato, tutto è pronto. E tutto quello che è stato fatto bene ti salva un sacco di tempo durante la Dakar».

È dura per tutti. Nessun dubbio, sarà difficile. Ma è giusto, altrimenti non sarebbe la Dakar

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Ti sei fatta un’idea di come sarà?
«Non abbiamo molte informazioni, ma ho già fatto sei Dakar in Sud America e ho una certa “sensibilità”. Penso che il fatto che separino così spesso, nella prossima edizione, i percorsi delle moto e quelli delle auto, implichi un aumento generale delle difficoltà. Ci saranno le piste di enduro in montagna, le grandi vallate assolate, l’altitudine. L’altitudine! È un aspetto molto delicato. In altitudine soffriamo tutti. Noi Piloti, Le Moto, gli Organizzatori. È dura per tutti. Nessun dubbio, sarà difficile. Ma è giusto, altrimenti non sarebbe la Dakar».

Passione e lavoro. In che percentuali partecipano alla “missione”?
«All’inizio credi di farlo solo per passione, ma poi la Dakar ti assorbe sempre di più. Adesso io direi che la passione è sempre il motore principale di ogni mia partecipazione, ma un 20% di quella passione, in realtà se lo ruba il lavoro, la necessità di lavorare duramente per realizzare quella passione. Trovare il budget, le persone giuste, la preparazione giusta. Tutte cose non facili».

© Immagini ApPhotosport

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