Queens’ Cavalcade 2017. Stefano Sala (BMW) Vince anche l’Edizione Italiana

Toscana, Emilia, Umbria e Lazio. Con molto rispetto per la Versilia da dove tutto ha avuto origine. Un Viaggio nel Paese delle Meraviglie con una nota di Competizione e un’idea che non si ferma al traguardo
4 ottobre 2017

Punti chiave

Gran Ducato di Toscana, Settembre 2017. Antefatto. L’Italia non si può sorseggiare con tranquillità, altrimenti non ti basta una vita. Va bevuta a sorsi pieni, potenti, con il calice colmo di meraviglie sempre proteso, pronto al brindisi. Meglio, dunque, un po’ di ritmo. Queens Cavalcade. Si comincia dalla Toscana, si finisce a Roma. Attenti all’overdose di emozione!


I fatti. Chi, nelle ultime settimane, non avesse avuto accesso ai Premiati Studi Commerciali del Dottor Stefano Sala, non poteva essersi accorto che la Statuetta era sparita. Ma ora che il trofeo della Queens Cavalcade, pregevole bronzo dello scultore Alfredo Sasso, è tornato al suo posto, solo i più sensibili possono notare quella patina di nuovo smalto, seconda mano di gloria che brilla nei suoi riflessi. Così è, l’ex forte regolarista (“ex” e “forte” convivono senza alcuna contraddizione nella nuova dimensione sportiva del Campione) ha vinto ancora, duplicando il successo dell’Edizione Originale dello scorso anno, disputata alle Canarie, e confermandosi Pilota e stratega imbattibile anche sulla piattaforma instabile e fragilissima della Regolarità Classica.


Eppure la prima tappa della Queens Cavalcade Edizione Italiana, eccellente guizzo di fantasia di Daniele Papi (lo ricorderete senz’altro, mito artefice della Sei Giorni all’Elba o mentore di Franco Picco & Co. alla Dakar), non era stata così favorevole al fantino pistoiese. Sala aveva portato la magnifica BMW R100 degli anni ’80 ad un raggelante quarto posto, adombrato da un certo nervosismo e oscurato dalla prestazione maiuscola e scanzonata dell’inseparabile amico-nemico Paolo Guercini, a sua volta in Gara con uno stupendo esemplare dell’iconica R90S della marca tedesca. Vai a sapere perché, Sala si era imbambolato davanti alla casa di Puccini, lasciato distrarre dalla magnificenza di Piazza dei Miracoli, dove aveva rimediato anche un ritardo, ed era sembrato quasi imbarazzato al passaggio sulle inviolabili mura di Lucca. Tatticamente, poi, mostrava di sentire la pressione di Giampiero Findanno, ex Campione della Dakar approdato alla regolarità delle Regine con un proposito non negoziabile, che lo aveva fissato come riferimento e che gli stava attaccato come una patella allo scoglio.


Al centro di una cornice delle Apuane da capogiro, dalle spiagge del Tirreno alle creste del marmo più prezioso al Mondo, Sala sembrava il profeta tradito dalla sua stessa patria, soverchiato dalla fama e dal peso del primato da difendere. Nessuno, tuttavia, si curava troppo della crisi d’identità del Detentore. Preoccupava, sì, il paiolo fumante di polenta e lardo di Colonnata che spariva a vista d’occhio dal set dei marmi di Quantum of Solace, ma finiva per sembrare quasi normale, storicamente inevitabile, che prima o poi si dovesse mettere una pietra tombale sull’Era Sala.

Ma non era così.


La prova di velocità media, 35-40-45 chilometri/ora al massimo, è l’epicentro della Queens agonistica. Non ha riscontri istantanei né può essere monitorata su basi relative, tipo la vista dell’avversario. Può essere un esercizio snervante. Per affrontarla e trasformarla in successo ci vogliono la freddezza di Clint Eastwood e una smisurata dose di autostima. In quel caso la Motocicletta del Pilota diventa strumento paragonabile al bisturi del chirurgo (o alla Colt di Clint). Così, Paolo Guercini inchiodava alle tavole della storia la sua inarrivabile prestazione, perfetto esercizio d’equilibrio sullo spartiacque del tempo ideale.


Ma la precisione è nulla senza saldezza di nervi e concentrazione assoluta, e con la seconda tappa la gara diventa thriller. Suspense dalla Versilia di Lido di Camaiore, oltre Castelnuovo e Castiglione di Garfagnana, verso i Passi Radici, Abetone, i più “gommati” dal mito della piega Futa e Giogo, e fin sull’asfalto torrido della pista del Mugello. Il thriller dell'Appennino che i Partecipanti estasiati definiranno con un titolo suadente: “Il diadema delle Regine”.


Colpo di scena. Guercini paga salato un calo dell’attenzione dovuto all’improvviso malfunzionamento della strumentazione di navigazione. Molti diranno che a piegare la concentrazione del Sarto della Mulattiera è invece l’avvenenza della Colombo, male, anzi bene diffuso che colpisce un po’ tutti e che spiega anche l’infallibile assenza del Colombo, e quindi della affascinante colomba, dalle belle, imperdibili serate della Cavalcade. Sala è sordo al canto delle sirene e in netta ripresa, ma ancora trasparente nella classifica generale, ed è così che a Scarperia sale in cattedra Matteo Dami, figlio del riluttante Andrea che si è iscritto all’ultimo momento con un muletto Triumph del Guercini. Matteo guida con insospettata maestria la Lambretta Special del Costruttore pluripremiato Gaio Giannelli. L’oste del Pozzo di Bugia non ha preso quest’anno il via alla traversata da sogno, singolarmente ha preferito andare a sposarsi, ma ha concesso in premio le sue Creature a due fortunati. Due 13. Il Furicone, powered by Ducati e scolpito da Tullio Sarri di Phoenix, al Giornalista Cekoz De Bonneville, e la Special Lambretta, rosso fuoco e sfacciata arroganza da Milano-Taranto, appunto al rampollo di Andrea Dami.


Beata gioventù! Il segreto di Matteo Dami, vincitore al Mugello, è un cocktail azzeccato di cromosomi e di talento. Il padre garantisce che il primo ingrediente incide per il 90%, gli “amici” pistoiesi assicurano con indulgenza che non vale più della fetta d’arancia nello spritz: una guarnitura. La Lambretta è un mezzo dei ’60, non potentissimo, ruote piccole, freni e sospensioni nominali. Il Team di Gaio, tuttavia, l’ha accordata come un violino, e Dami Junior è riuscito a instaurare con il Mezzo Meccanico un rapporto quasi biblico. Il risultato è un incomprensibile ma stupefacente potere. Quello della Regolarità!


La vittoria del Matt Damon pistoiese nella seconda tappa è trattata con superficialità e un pizzico di sufficienza. È, insomma, l’exploit di un giovane, tanto più fortunato giacché debuttante. Ma quando si arriva a Perugia si capisce che non si sta più parlando di un caso o di una meteora. Sala è il primo a complimentarsi, ma nel suo sorriso c’è il ghigno del topo in forno.


Fiesole e Firenze a volo d’angelo da Piazzale Michelangelo, Siena e un rosario di austere fortificazioni medioevali, piazze uniche al Mondo. Ognuna al centro di uno squarcio di Storia. Monteriggioni, San Quirico d’Orcia, Montepulciano. Qui non solo Rosso, non solo Nobile, ma ospitalità, un modo sensazionale di essere attraente e non vistosa, genuina e spontanea, per turisti discreti di un nuovo Rinascimento. È l’esempio funzionale di come deve essere trattata la materia storica in termini di richiamo e offerta turistici. Non a caso nel Palazzo Comunale ritrovo un vecchio amico, Diego, che ci accompagna, me e Mr. Franco, ben ritrovato, nella visita alle incredibili cantine della città.


I più, soprattutto gli stranieri, australiani, spagnoli, gli amici delle Canarie, non hanno resistito al potente fascino della Toscana. È un momento delicato della Gara: la maggioranza è KO, la testa fra le nuvole. Findanno, invece, sembra aver sentito il peso della responsabilità, è “crollato” al terzo posto fallendo l’obiettivo di entrare a Perugia da trionfatore, e molti lo vedono pronto a passare nelle mani professionali di Michele Morelli, psichiatra che con la moglie scorre la Cavalcade come un principe. I Toscani, più resistenti alla potenza estetica della loro Terra, resistono. Dami Junior e Sala, sia pure con motivazioni e target diversi, mantengono lucidità a prova di Kriptonyte e incubano stragi e strategie. Ironico e guascone il Giovane, perfido e implacabile l’Anziano. Il cadetto è secondo, ma il senatore, primo di tappa, riprende prepotentemente nelle sue mani le redini della Corsa. Come ogni giorno più di un’ambizione bruciante va in fumo all’altare della gloria. È successo a Raffaello Matraia, che dopo una sensazionale doppietta di successi nel Gruppo B è caduto nell’inflessibilità dei giudici nel valutare un innocuo ritardo di CO, e tocca anche a Marchi, Giarelli, Panzeri, dardi spuntati e guerrieri avviliti, beffati dalla mannaia del controllo orario finale dell’Hotel Brufani. Il gruppo si sgrana, ma l’amicizia e lo spirito lo rendono più forte che mai. È di Marchi la fotografia del core: “Il merito più grande della Queens Cavalcade è di cementare vecchie amicizie e farne nascere di nuove… ma credo che l’effetto più grande sia quello di far tornare tutti ragazzi e per qualche giorno sollevare dai problemi quotidiani.”


Comunque, se il gruppo si sgrana, ogni chilometro cha passa dei quasi 1.000 è buono per… sgranare alla tavola sempre apparecchiata della QC. Una per tutte, l’indimenticabile serata di Pietrasanta, la tavola del Chiostro di Sant’Agostino imbandita da Gaio. Sì, sempre lui, l’assente costruttore, pilota, chef, soprattutto buongustaio e oste con la passione della storia della cucina toscana. Il banchetto alla città degli artisti, del marmo e del bronzo, la piccola Atene dei Botero, dei Pomodoro o dei Mirò, è un’opera omnia di generosità gastronomica già completa agli antipasti, travolgente nell’uragano di portate che compongono il dilagare armonico e irresistibile di primi, secondi e dolci. Ogni residua resistenza va in frantumi.


La sera di Perugia la Queens Cavalcade ha ripreso a correre sui binari della sua storia, e se il contatore Geiger punta su Sala, tutt’attorno alla resurrezione del campione in carica è il valzer delle scuse, delle giustificazioni. L’errorino, il cambio indurito o il cronometro impazzito, quella penalità assurda, la gomma troppo tenera, il singhiozzare misterioso del bicilindrico a carburatori o del quadri storico a iniezione. Qualcuno tira in causa spudoratamente l’attrazione fatale del Cecchini di Panzano, e quel semaforo sul road book della Queens che diventa rosso proprio davanti alla leggendaria Macelleria! Più vittime che carnefici, è naturale, le storie più disparate e disinvolte prendono il sopravvento. Ci pensa Guercini a riportare l’atmosfera su un livello di più consona dignità: “Ragazzi, per favore, metteteci anche il lupo, ogni tanto. Sennò le vostre favole sanno di pochino!”. 100% atmosfera Kings of the Queens.


Pozzo di San Patrizio, Orvieto - qualcuno non ha visto il suo Duomo? – Bolsena. Sulle rive del Lago punta il compasso l’ultima Tappa dell’Edizione italiana della “Queens”, avventura fluida di viaggio e umore sereno di competizione. Si corre piano, portati per mano dal Tripy, GPS road book tutore che è l’esatta immagine tecnologica dell’assistente di viaggio, dell’amico digitale silenzioso e collaborativo nella sua vera vocazione. Se penso che è lo strumento che la Dakar usa per farci le multe di eccesso di velocità!!! Ormai abituati a considerare l’altra faccia delle velocità, a 35 KM/H di media imposta si ha la rara opportunità di guardarsi davvero attorno, di godere del paesaggio o anche soltanto di pensare, elucubrare, sognare ad occhi aperti e pur concentrati sulla guida, che diventa purissimo piacere. L’ultimo Special Test premia il canario Fernando Jimenez, fortissimo in verità ma “caduto” prematuramente sotto i colpi della bellezza toscana. Matteo è ancora secondo. Brutta bestia, il ragazzo di Dami. Chissà cosa sarebbe potuto succedere se non fosse partito che il secondo giorno. Sala non si lascia intimidire. L’esperienza è dalla sua. Può amministrare il vantaggio, nella sua testa i conti tornano. È il bis, la seconda vittoria consecutiva. Non certo un caso. Mentre i conti finali girano nei computer e le classifiche congelano i numeri dell’Evento sportivo, la carovana arriva alla mèta. Finalmente Roma, traguardo quasi liturgico, la Capitale del Mondo come obiettivo e gran finale, la sua magnificenza ai piedi dell’Evento.


Post fatto. Da un Alfredo all’altro, dalla sparizione della statuetta al suo “ritrovamento”. L’epilogo della Queens Cavalcade viene celebrato, in modo del tutto… formale e “simbolico”, dal “Vero Alfredo”, quello delle fettuccine al doppio burro originali, punto GPS finale. Ora, se vi capita di andarci, buttate un occhio al wall of fame del più famoso ristoratore di Roma: vi troverete le istantanee di Stefano Sala superstar, e di Ronni Giarelli Campione del Gruppo B, esattamente tra le foto della Lollobrigida e di uno dei Kennedy.


La Statuetta, intanto, aveva già ripreso la via casa con un portavalori blindato, per tornare a Pistoia prima che, ad aprire la porta dello studio, ci si accorgesse della sparizione.

 

CLASSIFICA

QC17 TOP 20 Assoluta. 1. Stefano Sala, BMW; 2. Paolo Guercini, BMW; 3. Giampiero Findanno, YAMAHA; 4. Ronni Giarelli (1° Gruppo B), YAMAHA; 5. Andrea Dami, TRIUMPH; 6. Maurizio Caravella, TRIUMPH; 7. Raffaello Matraia, H-D, 8 Marco Marchi, H-D/BMW, 9. Fernando Jimenez, DUCATI; 10 Michele Morelli, HONDA; 11. Mustapha Samaya, H-D; 12. Umberto Panzeri, KAWASAKI; 13. Belotti Giuseppe, H-D; 14. Ugo Niccolai, H-D; 15. Borja Naranjo Guerra, Ducati; 16. Jose Juan Sanchez Peraza, DUCATI; 17. Mark Townsend, DUCATI; 18. Matteo Dami, Innocenti; 19. Piero Batini, BMW; 20. Vittorio Colombo, BMW.

 


© Foto Piero Batini- Alessio Corradini – Fabrizio Farinoni

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