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Udine, 14 Aprile. In casa è un disastro. Sul letto, sulle sedie e la scrivania, persino in terra, ancora sparse le cose che devono entrare tutte in un bagaglio personale di viaggio. Di gara. Francesca d’Alonzo è “quasi” pronta, in tutti i sensi, per affrontare il suo primo viaggio in Africa… pardon la sua prima Gara in Marocco. Sopra la trentina, fisico e sorriso della bambina sognante, Francesca (che si fa chiamare anche con un nickname che non mi piace (e che quindi non riprendo), è schierata alla Gibraltar 2023 Marocco. È tutto nuovo.
Poche settimane fa, neanche sapevo della sua esistenza, poi da qualche parte spunta il video di un viaggio, la serie dei video di un’escursione appena fuori porta, che porta lei e il suo compagno nel cuore dell’Asia in una perfetta sintesi di viaggio e avventura. Moderna, s’intende. Adesso c’è un passo in avanti, importante, in realtà un salto di qualità dell’esperienza: il confronto, la competizione, per quanto all’acqua di rose. Ma anche una Gibraltar, seppure blanda nel senso della competizione, affronta lo stesso tipo di salto, oltre il Mediterraneo per sbarcare in Africa e svilupparsi in Marocco. E l’Africa non è mai leggera, mai da prendere alla leggera. Ecco, per tutti, Francesca compresa o per prima, è un salto importante. Lei dice un banco di prova. Quindi c’è altro oltre… vediamo, sentiamo.
Tre domande, per favore, poi a ruota libera.
Da dove vieni? Dove sei? Dove vuoi andare? (quest’ultima è una domanda-trabocchetto, pretestuosa, so bene io dove vogliamo arrivare).
Vengo da un altro mondo. Fino a tre stagioni fa facevo l’avvocato a Bologna. Pratiche, istruttorie, scrivanie, aule. Lo facevo con passione, ma la passione è un’altra cosa. Con passione ho fatto per anni la danza, anche quella è un’altra cosa, fa parte del torrente di esperienze, belle, della vita della famiglia, il mezzo con cui dolcemente si trasmette il codice degli obiettivi tra genitori e figli. Nessuno in famiglia che fosse in qualche modo legato alla Motocicletta. Il mio compagno, Amedeo (Lovisoni, ndr), sì, lui ha e aveva già due passioni: la storia dell’Asia e la Moto. Mi raccontava la prima e mi scarrozzava sulla seconda. Poi un giorno se ne esce con una vecchia Moto. Si può sistemare, la puoi usare come moto-scuola. Facciamo, dai. Come si dice, il colpo di fulmine. Nuovi orizzonti possibili, in tutti i sensi, da raggiungere. Non sono più scesa! Siamo andati in viaggio con una vecchia Willys che lui aveva restaurato fino ai confini con l’Armenia… che bello sarebbe venirci, e andare oltre, in Moto… mi ha preso in parola. Ho sempre avuto il sogno del viaggio, e ho sempre cercato di realizzarlo, tutte le volte che ho potuto. Ero a metà dell’opera. C’era un modo per unire il sogno e l’innamoramento: progettare un viaggio in Moto nel cuore dell’Asia.
Ci abbiamo lavorato per tre mesi, poi ho iniziato a sottoporlo a chi poteva interessare, ammesso che interessasse il fatto che ne facevo parte. Le mie referenze si basavano su un solo punto chiave (per me): “Sono solo un’appassionata, vorrei raccontare con voi una (bella) storia! Fresca di patente A arriva subito la prima risposta, di Yamaha: Sì, facciamo! Non so se si rendessero conto, se è piaciuta loro l’idea della scommessa, dell’iniziazione. È arrivata anche la Ténéré 700, il mezzo della scommessa, e lì la mia vita è cambiata. Lì ho cambiato la mia vita. Ho sentito che mi separavo dalla mia “vecchia” per affrontarne una nuova. Non avevo esperienza, e non parliamo neanche di fuoristrada, ed eccomi con una moto che era il doppio di quella con cui avevo imparato. Il processo dell’imparare ha subito un’impennata, mi ha aiutato l’esperienza dura della danza a resistere e a andare avanti, l’anima della viaggiatrice trovava un nuovo sbocco e, novità, volevo raccontare le mie storie, la mia storia.
Per combinazione ho conosciuto Silvano Nashig, campione friulano ultrasettantenne ma in piena forma. Per caso. Ci siamo incontrati in mulattiera, ha iniziato a darmi qualche consiglio. È diventato il mio maestro, il mio “tutor”, pioggia o neve, tutti i week end eravamo fuori. E avanti. Ho imparato tantissimo. Insieme decidiamo di andare la Gibraltar Race dello scorso anno, Yamaha ci teneva che partecipassi. Un viaggio, un’avventura, 500 chilometri al giorno con una moto che pesa 4 volte me. Mi sono subito ingarellata, e subito sono caduta. Un bagno di umiltà, di scuola, sulla sabbia polacca, di cui ho conservato un occhio nero per tutto l’evento. Silvano mi ha aiutata a crescere, il rapporto maestro-allieva è bellissimo, condividiamo con facilità e, insomma… parteciperemo ancora insieme alla Gibraltar Race Marocco Edition (con l’assistenza di Amedeo e della sua Willys). Marocco, è Africa, è sabbia, è deserto. È nuovo. Sicuramente sarò un poco più preparata, da quando sono tornata dal viaggio in India dello scorso anno ho messo in campo un grande impegno per allenarmi, per costruirmi un phisique du role. Ma preparata per cosa? Beh, questo non lo so ancora!
Veniamo al punto. Gibraltar Marocco. Africa. Rito di passaggio o step di un programma?
Sicuramente in banco di prova. L’anno scorso ero a zero preparazione e ho completato la gara. Quest’anno sono più preparata ma l’asticella è indubbiamente più in alto. Sì, un banco di prova in una dimensione competitiva in terra africana. È un po’ un simbolo. Potrebbe essere il primo passo per una dimensione da corsa ancora più spinta, importante, un tuffo nel mondo della navigazione al road book. Sono in grado? Questo dobbiamo vederlo. Certamente non mi tiro indietro, è lavoro necessario per capire se sono sulla strada giusta, è giusto che mi metta alla prova anche per quelli che hanno creduto in me dal giorno 1. La parte più difficile di un progetto è sempre renderlo possibile. Il resto è una lotta costante. Certamente c’è un’ambizione precisa in tal senso. Ma non ne ho ancora parlato con nessuno, mi sembrerebbe prematuro, azzardato. Intanto, tuttavia, non mi posso impedire di continuare ad ambire e di preparami per un programma importante. Vedo il Motorally come evoluzione immediata. Lo vedo come un altro banco di… scuola per la navigazione. Mi dicono che è un esame piuttosto serio. Poi, sì, ho desiderio di mettermi alla prova in contesti sempre più competitivi, e oltre i Motorally la strada mi pare segnata… voi che ne pensate? Sì, lo so, se penso a Africa Eco Race, se penso alla Dakar, lì si entra in un altro mondo, dove tutto diventa più difficile, a cominciare dal grande lavoro per mettere insieme i budget. Non mi spaventa la lunghezza delle gare, la fatica delle imprese. Sotto questo aspetto, finché sono in sella con un obiettivo non mollo, ho una forza che non so neanche io da dove viene, una ricarica che sembra venire proprio dalla stanchezza, dalle ultime gocce di sudore.
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© Immagini Francesca d’Alonzo, Amedeo Lovisoni